Alan Dershowitz

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Alan Dershowitz

Alan Morton Dershowitz (New York, 1º settembre 1938) è un avvocato, giurista, accademico e commentatore politico statunitense. Professore presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Harvard dall'età di 28 anni, fu all'epoca il più giovane accademico ad avere assunto la docenza presso tale istituzione; è internazionalmente noto per avere difeso in giudizio famosi imputati di crimini vari, nonché per avere ottenuto tredici assoluzioni su quindici casi di omicidio[1].

Tra i casi giudiziari più famosi di cui Dershowitz si è occupato figurano il processo per tentato omicidio a carico di Claus von Bülow (1982) e quello per uxoricidio contro O.J. Simpson (1994); altre cause importanti in cui fu difensore riguardano la difesa della libertà d'espressione in un caso di pornografia (1976) nonché dei diritti degli animali (2002); inoltre si è espresso contro il diritto indiscriminato di possedere armi e contro il dettato del Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, da lui definito «anacronistico»; da attivista di origine ebraica ha accusato il cardinale polacco Józef Glemp di avere fomentato l'antisemitismo nel proprio Paese; in precedenza lo stesso Glemp era stato coinvolto in una causa per diffamazione intentatagli da un rabbino, patrocinato in giudizio proprio da Dershowitz.

Biografia

Nato nel 1938 a New York da famiglia ebrea ortodossa di origine polacca[2], crebbe nel borough di Brooklyn e studiò alla scuola talmudica "Marsha Stern" di Manhattan (anche nota come Yeshiva University)[2]. Suo padre Harry fu molto attivo nella comunità: fondatore di una sinagoga per giovani ebrei nel 1960, la diresse fino alla morte avvenuta nel 1984[3]; suo fratello Nathan, invece, fu consigliere della Conferenza Ebraica Statunitense (American Jewish Congress[3]).

Alan Dershowitz compì gli studi superiori al Brooklyn College e quelli universitari a Yale[4], della cui rivista giuridica divenne caporedattore dopo la laurea a pieni voti che lo consacrò primo assoluto del suo corso[4].

Dopo un'esperienza di assistente procuratore[4] alle dipendenze di un superiore da lui stesso definito in un'intervista del 2006 «al contempo il migliore e il peggiore che io abbia mai avuto»[5] («una via di mezzo tra uno schiavista e una figura paterna»[5]), cui Dershowitz attribuisce il merito di avergli insegnato come divenire un tutore dei diritti civili e un attivista ebraico[5], a 25 anni divenne professore associato presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Harvard[4] e, a 28 anni, nel 1967, assunse la docenza, segnalandosi così come il più giovane cattedratico nella storia dell'istituto[4]: nel corso della sua carriera universitaria ha insegnato diritto penale, psichiatria forense, diritto costituzionale e ha tenuto corsi e conferenze accademiche su diritti civili, diritto penale comparato nonché filosofia del diritto, argomento sul quale è autore di una serie di conferenze dal titolo cumulativo Thinking About Thinking [4].

All'attività accademica ha affiancato la libera professione: in tale veste si è occupato, fin dagli anni settanta, di casi-pilota riguardanti libertà d'espressione, diritti degli animali, discriminazione etnico-razziale; nonostante sia maggiormente noto per avere difeso imputati famosi coinvolti in casi di omicidio, le cause riguardanti tale fattispecie di reato sono, a tutto il 2009, solo 15, sulle oltre 100 nelle quali Dershowitz ha patrocinato in 35 anni di carriera[4].

Dershowitz è anche un regolare commentatore politico di attualità, in particolare su argomenti quali guerra al terrorismo, Israele, Palestina e il relativo conflitto, ancora sui diritti civili e fatti politici nazionali.

È sposato con Carolyn Cohen, psicologa, e ha tre figli, uno dei quali è avvocato presso la NBA, la Lega professionistica nordamericana di pallacanestro, sport che lo stesso Dershowitz praticò a livello universitario (si dichiara sostenitore dei Boston Celtics[4]), e sul quale occasionalmente redige articoli a uso della stampa sportiva di Boston[4].

Attività da avvocato

Harry Reems il giorno del suo arresto

Tra le prime cause famose di Dershowitz figura la difesa, nel 1976, dell'attore pornografico Harry Reems, denunciato per oscenità a seguito della sua interpretazione nel film La vera gola profonda (1972). Come argomenti a difesa di Reems Dershowitz sostenne che la censura contro la pornografia è contraria al Primo Emendamento della Costituzione, il quale proibisce espressamente al Congresso di emanare qualsivoglia legge limitativa della libertà di espressione in qualsiasi forma, compresa la stampa (al riguardo Dershowitz dichiarò, in un'intervista di quasi trent'anni dopo al New York Times, che lui non aveva mai visto il film, ma aggiunse anche che non aveva alcun bisogno di vederlo per rendersi conto che in ballo c'era un'importante questione come i diritti stabiliti dal Primo Emendamento[6]); a seguire sostenne la non nocività della fruizione di materiale pornografico (opinione ribadita nella citata intervista, in cui disse anche che nel corso degli anni, a fronte della sempre maggiore disponibilità di film di tale genere, il numero di stupri è in costante declino[6]).

La difesa di Reems costò a Dershowitz anche pesanti attacchi da parte di gruppi femministi: per esempio, nel corso di un dibattito del 1981 con la femminista radicale Andrea Dworkin, oppositrice della pornografia, Dershowitz fu insultato per avere difeso coloro che le contestatrici chiamarono «i pornocrati»[7]; alle incitazioni della Dworkin, che esortava all'azione diretta contro chi producesse e distribuisse materiale pornografico[7], Dershowitz ribatté che lui non difendeva la pornografia, ma il diritto di scegliere se leggere o meno materiale pornografico, e che lo stesso procuratore che aveva messo sotto accusa Reems era riuscito a bloccare l'uscita di un film a tema lesbico; infine fece proprio l'assunto della femminista Gloria Steinem che una volta aveva sostenuto che «quel che emerge dalla lunga storia delle leggi anti-oscenità è che tali leggi sono state molto spesso invocate contro dissidenti politici e stili di vita alternativi»[7], chiosando inoltre che «se chiunque avesse il potere di definire qualsivoglia cosa "pornografia" al fine di bandirla, tale definizione sarebbe usata anche contro Andrea Dworkin, contro di me e contro di voi che mi ascoltate; del resto il libro di Andrea Dworkin sarebbe attualmente (nel 1981) bandito in 180 Paesi del mondo. Dovete accontentarvi: se volete Dworkin, dovete tenervi anche la pornografia»[8]; secondo la commentatrice Anita Diamant, che ricordava a 25 anni di distanza quel dibattito dalle colonne del Boston Phoenix, «la provocazione di Dworkin era culturale, laddove la replica di Dershowitz fu legale: i due non parlavano la stessa lingua»[8]; la Diamant aggiunse anche che non fu, da parte di Dershowitz, una buona idea quella di sostenere che la condizione delle donne occidentali, dove la pornografia è libera, è generalmente migliore di coloro che vivono in Paesi dove la pornografia è bandita per legge[8], perché prestava il fianco alla contro-critica che metteva in luce le diseguaglianze sostanziali del mondo occidentale nei confronti delle donne in famiglia, in pubblico e nel lavoro[8]: «si trattò del classico confronto tra il radicale e il liberale»[8], concluse Anita Diamant, puntualizzando che il dibattito verteva su due punti inconciliabili, quello di chi voleva riformare l'intero sistema maschio-centrico e non si accontentava della generica condizione migliore della donna in Occidente, e quello di chi invece poneva al primo posto la libertà d'espressione, che doveva valere per tutti, femministe e pornografi compresi[8].

Una controversia che dura da molto tempo è quella contro l'ex presidente del Senato del Massachusetts e attualmente rettore dell'Università di tale Stato William "Billy" Bulger. La controversia dura dagli anni ottanta e riguarda sia la politica di Billy Bulger sia il ruolo che questi avrebbe avuto nell'ostacolare la giustizia a favore del fratello, il noto criminale tuttora latitante James Bulger: sia l'FBI che il Congresso hanno più volte discusso il ruolo che il politico ha avuto nel permettere al fratello di sfuggire più volte alla giustizia[9]; la pubblica ostilità tra Dershowitz e Bulger, comunque, ha origine dal ruolo che quest'ultimo ricopriva negli anni ottanta, quando fu nominato dall'allora governatore del Massachusetts Michael Dukakis assistente procuratore distrettuale: in un'occasione (1990) Bulger, cattolico di famiglia irlandese, per rispondere alle critiche di Dershowitz e del suo collega di Cambridge Harvey Silverglate, definì entrambi alla stregua di «Giacobbe, che rubò la primogenitura a Esaù per un piatto di lenticchie»[10], aggiungendo che «gli avvocati ebrei sono furbi e manipolatori» e che «non hanno alcun senso morale»[10]; Dershowitz osservò che Bulger ragionava in termini etnici[10] e che, più che mostrare ostilità verso gli avvocati tali dichiarazioni erano un neanche troppo velato antisemitismo[10]; a seguire, il giornalista Mike Barnicle, molto attivo in quegli anni nel prendere di mira tutti gli oppositori di Billy Bulger, in un articolo sul Boston Globe scrisse, a scopo diffamatorio, che in un'intervista di circa nove anni prima Dershowitz aveva espresso le sue preferenze sessuali per giovani donne asiatiche, «così sottomesse»[11].

Dershowitz denunciò per diffamazione il Globe e Barnicle, e ritirò la denuncia solo dopo una transazione extragiudiziale di 75.000 dollari versati dall'editore del quotidiano[11]. Più recentemente, sempre a proposito di Bulger, il quale, appellandosi al Quinto Emendamento (che permette a qualsiasi cittadino di non rendere in giudizio dichiarazioni che potrebbero andare in danno a se stesso), aveva rifiutato di confermare le circostanze per le quali avrebbe avuto parte attiva nel permettere a suo fratello di sfuggire a un'intercettazione dell'FBI[9], Dershowitz osservò che questa condotta, se pure legalmente non sufficiente a incriminarlo, era sufficiente per espellerlo dall'ordine degli avvocati e per pretenderne le dimissioni da rettore dell'Università del Massachusetts[9].

Bibliografia

  • 2003 Terrorismo, Carocci editore
  • 2005 Rights from wrongs, Codice
  • 2007 Dubbi ragionevoli, Giuffrè

Note

  1. ^ (EN) Joel Pollak, Dershowitz wins 13th murder case, in The Harvard Law Record, 22 gennaio 2009. URL consultato il 15-2-2010.
  2. ^ a b (EN) World of Criminal Justice on Alan M. Dershowitz, su bookrags.com. URL consultato il 15-2-2010.
  3. ^ a b (EN) Harry Dershowitz Obituary, in New York Times, 26 aprile 1984. URL consultato il 15-2-2010.
  4. ^ a b c d e f g h i (EN) Alan M. Dershowitz: Biographical Statement, su alandershowitz.com. URL consultato il 15-2-2010.
  5. ^ a b c (EN) Tom Van Riper, First Job: Alan Dershowitz, in Forbes, 23 maggio 2006. URL consultato il 15-2-2010.
  6. ^ a b (EN) Charles McGrath, An X-Rated Phenomenon Revisited, in New York Times, 9 febbraio 2005. URL consultato il 16-2-2010.
  7. ^ a b c (EN) Alan Dershowitz, Saluting the Enemy, in The Boston Phoenix, 7 giugno 2006. URL consultato il 16-2-2010.
  8. ^ a b c d e f (EN) Anita Diamant, Porn Again, in The Boston Phoenix, 31 maggio 2006. URL consultato il 16-2-2010.
  9. ^ a b c (EN) Alan Dershowitz, Billy Bulger’s Obstruction of Justice, in The Boston Phoenix, 12 febbraio 2002. URL consultato il 16-2-2010.
  10. ^ a b c d (EN) Seth Gitell, Bulger's denouement, in The Boston Phoenix, 12 19 2002. URL consultato il 16-2-2010.
  11. ^ a b (EN) Dan Kennedy, Barnicle's Game: Why He Should Have Been Fired - And Why He Wasn't, in The Boston Phoenix, 13 agosto 1998. URL consultato il 16-2-2010.


Interviste


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