Gerardus van der Leeuw
Gerardus van der Leeuw (L'Aia, 18 marzo 1890 – Utrecht, 18 novembre 1950) è stato uno storico delle religioni, egittologo e teologo olandese.
È autore della Phanomenologie der Religion, (1933, Fenomenologia della religione) [1], manifesto della fenomenologia religiosa.
Vita
Cresciuto al L'Aia Gerardus van der Leeuw studiò, dal 1908 al 1913, teologia e storia delle religioni all'Università di Leiden divenendo allievo di William Brede Kristensen (1867-1953) e approfondendo la religione degli antichi egizi.
Si recò quindi, nel 1913, in Germania dove perfezionò gli studi prima a Berlino con Johann Peter Adolf Erman (1854-1937) e Kurt Sethe (1869-1934), poi a Gottinga con Wilhelm Bousset (1865-1920). Conseguendo infine il dottorato, nel 1916, a Leiden.
Fu pastore della Chiesa riformata olandese e professore, dal 1918 fino alla morte nel 1950, di storia delle religioni, teologia e pensiero egizio all'Università di Groningen.
Fu anche, nel biennio 1945-1946, ministro, laburista, dell'Istruzione, delle scienze e delle arti del governo olandese.
Se la sua opera principale è Phanomenologie der Religion, van der Leeuw è stato anche autore di opere teologiche sui sacramenti e sulla cultura egizia.
Il pensiero
Gerardus van der Leeuw si mosse lungo la via degli studi sulle religioni aperta ad altri due studiosi olandesi di fama internazionale: Cornelis Petrus Tiele (1830-1902) e Pierre Daniël Chantepie de la Saussaye (1848-1920). Se Tiele fu tra i primi studiosi a ritenere che l'esperienza religiosa dovesse essere correlata alla natura psicologica dell'uomo piuttosto che ai processi storici, Chantepie de la Saussaye evidenziò come la stessa comparazione tra le religioni nel loro divenire storico facesse emergere dei dati strutturali comuni quali i miti, i riti e le credenze.
Interessato agli studi di Rudolf Otto (1869-1937) e a quelli di Nathan Söderblom (1866-1931), anche van der Leeuw analizzò il problema della religione secondo il vissuto dell'esperienza religiosa. In questo van der Leeuw è debitore anche di altri intellettuali a lui contemporanei, ad esempio di Edmund Husserl (1859-1938), da cui ereditò due concetti: l' epoché, ovvero la sospensione del giudizio sul fenomeno osservato, e la comprensione "eidetica", per cogliere, del fenomeno osservato, gli elementi fondamentali. Allo stesso modo van der Leeuw è debitore della Psicologia della Gestalt tedesca a cui deve la matrice interpretativa, "insiemistica", nella sua indagine del vissuto religioso. Ultimo elemento che van deer Leeuw mise a fondamento della Fenomenologia della religione fu l'ermeneutica, ovvero la necessità di "comprendere" (Versthen) dal suo interno il fenomeno e il vissuto religioso piuttosto che spiegarlo causalmente (Erklären) come produzione di processi storici.
Nella Phänomenologie der Religion, van der Leeuw descrissee la religione come una "potenza" in divenire, ovvero alla ricerca del suo compimento.
e quindi non conoscibile attraverso l'esperienza, e quindi impossibile da conoscere attraverso l'intelletto, che è connesso alla razionalità. Tuttavia, questa potenza in altro esercita due grandi forze sull'uomo: una forza centripeta denominata fascinans e una forza centrifuga denominata tremendum. Queste forze agiscono in contemporanea e fanno sì che, da una parte, l'uomo rifugga dall'ignoto e dal mistero (visto come qualcosa di inquietante, tremendum appunto), mentre dall'altra fanno sì che l'uomo sia contemporaneamente attratto da quello stesso mistero (che in quanto ignoto, è anche inesorabilmente fascinans).
Dunque la religione, nonostante spinga l'uomo alla sua conoscenza, non è conoscibile attraverso i mezzi dell'esperienza sensibile: bisogna dunque che l'uomo non si rapporti all'oggetto in qualità di soggetto, ma bisogna che si immetta nei fenomeni stessi per riviverli, passando dal piano razionale a quello irrazionale, rendendo l'esperienza religiosa un'esperienza interna alla persona stessa.
Rapportandosi al mondo e alla cultura primitivi, Van Der Leeuw individua l'esperienza del mondo non come un'esperienza del soggetto verso l'esterno, ma come un'esperienza con un oggetto che coesiste con sé stesso, ed è quindi dominabile dall'interno. La dominazione del mondo in questo senso si concretizza attraverso un'ideale protesta dell'uomo che si sforza di riunire le molteplicità della realtà sensibile in un unico concetto generale, che è quello di magia. Quindi anche la magia, come la religione, è un'esperienza interna che non è frutto della conoscenza sensibile. Dunque è una potenza in altro, come la religione, e condivide con essa l'idea di tremendum e fascinans.
In effetti, anche se non fa riferimento ad alcuna divinità, la magia è come la religione, solo che, rispetto a quest'ultima, la magia si pone come fine (e come requisito) l'obbiettivo di governare il mondo, ponendosi al di sopra di esso come concetto riunificante. Quest'ultima affermazione svuota del tutto la concezione di magia che è tipica dell'evoluzionismo, poiché, secondo Van Der Leeuw, essa non è collocata ai primi stadi dello sviluppo umano per poi sparire, ma è una costante condizione dello spirito, il quale anch'esso rifugge dalla razionalità (per esempio attraverso il sogno).
Le opere
- Inleiding tot de godsdienst-geschiedenis (1924)
- Phanomenologie der Religion (1933)
- Inleiding tot de phaenomenologie van den godsdienst (1948)
Note
- ^ La seconda edizione rivista dal figlio dell' autore J.R. van der Leeuw sulla base degli appunti del padre è stata pubblicata nel 1956. In italiano: Gerardus van der Leeuw. Fenomenologia della religione. Torino, Boringhieri, 2002.