Licaone (figlio di Priamo): differenze tra le versioni
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Versione delle 13:01, 4 ago 2016
«ἀλλὰ φίλος θάνε καὶ σύ· τί ἦ ὀλοφύρεαι οὕτως;
κάτθανε καὶ Πάτροκλος, ὅ περ σέο πολλὸν ἀμείνων.»
«Muori anche tu, caro mio; perché strilli tanto?
anche Patroclo è morto, e fu ben migliore di te.»
Licaone (in greco Λυκάων Lykàōn) era un figlio di Priamo e di Laotoe.
Il mito
È citato nell'Iliade di Omero, precisamente nel 21° Canto, quando Achille per vendicare la morte del suo amico fraterno Patroclo, fa strage di troiani sul fiume Scamandro, che scorre vicino Troia. Licaone in precedenza era stato fatto prigioniero da Achille, che l'aveva venduto poi come schiavo; riscattato da Eezione, il principe troiano era quindi tornato a combattere. Nell'episodio possiamo notare un cambiamento da parte dell'eroe greco. Infatti non è più colmo di onore e di gloria, per aver ucciso un suo avversario, ma diventa un semplice assassino, lontano dai parametri di abile guerriero. Licaone con un gesto di supplica (ossia toccando i ginocchi di Achille e sottomettendosi) cerca di far provare pietà al suo nemico. Quest'ultimo sembra non essere scosso da alcuna pena, ma arriva addirittura ad ucciderlo con un colpo di spada alla clavicola; non contento, Achille afferra per un piede il nemico e lo trascina nella polvere fino a gettarlo nel fiume, impedendo per sempre alla sua anima l'ingresso al cancello di Ade dove sarebbero giunti coloro che, dopo la morte, per pietà del nemico, avrebbero avuto l'onore di ricevere le esequie funebri da parte dei propri genitori e della patria: Achille agisce in tal modo stimolato dal fatto che Licaone è un fratellastro di Ettore, l'assassino del suo amico Patroclo, ed è in seguito a questa uccisione che Achille rientra nel campo di battaglia, cominciando indiscriminatamente a spargere sangue. Dopo aver buttato Licaone in acqua, Achille gli augura di venire divorato dai pesci: il testo non dice se il suo corpo subisce effettivamente questa sorte, come accade poi ad Asteropeo - la successiva vittima di Achille gettata nelle acque dello Scamandro - o se invece finisce bruciato nell'incendio che in seguito divora i cadaveri degli altri eroi di parte troiana periti nella battaglia fluviale, voluto da Efesto.