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Luscio Lanuvino: differenze tra le versioni

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Si dedicò alla composizione di commedie [[palliata|palliate]], di cui tuttavia non rimane nulla.

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== Note ==
<references/>

== Bibliografia ==
* {{Cita libro|nome=Giancarlo|cognome=Pontiggia|wkautore=Giancarlo Pontiggia|coautori=Maria Cristina Grandi|titolo=Letteratura latina. Storia e testi|editore=Principato|città=Milano|anno=1996|mese=marzo|ISBN= 978-88-416-2188-2|cid=Pontiggia-Grandi}}

== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}

{{Controllo di autorità}}
{{Portale|antica Roma|biografie|lingua latina}}

Versione attuale delle 09:36, 13 apr 2024

Luscio Lanuvino (in latino Luscius Lanuuinus; fl. II secolo a.C.) è stato un commediografo romano.

Estimatore di Menandro, si dedicò alla composizione di commedie palliate, di cui tuttavia non rimane nulla. Esponente del collegium scribarum histrionumque,[1] un'associazione di tipo corporativo, fondata nel 207 a.C. in seguito alla composizione, da parte di Livio Andronico, dell'inno a Iuno Regina, rivolse molteplici critiche all'opera del più giovane Publio Terenzio Afro, che si difese dalle accuse di Luscio nei prologhi delle sue opere. Definito dallo stesso Terenzio «vetus» («vecchio») e «malevolus» («malevolo»),[2] Luscio sostenne che le palliate del rivale fossero in realtà opera dei suoi protettori, Publio Cornelio Scipione Emiliano e Gaio Lelio Sapiente,[2][3] e che fossero contemporaneamente prive del ritmo e della comicità della palliata plautina.[4] Secondo l'esempio di Cecilio Stazio, Luscio fu anche fiero oppositore della pratica della contaminatio, ben diffusa nella palliata plautina e adottata anche da Terenzio: lo stesso Luscio accusò infatti Terenzio di aver contaminato, nella sua Andria, l'Andria e la Perinzia di Menandro.[5] Luscio sostenne infine che Terenzio avesse plagiato le opere di Gneo Nevio e Plauto, traendo dalle loro commedie i personaggi del parasitus e del miles gloriosus, che essi avevano in realtà a loro volta tratto dalla Commedia nuova.[6][7]

Ottenne il nono posto nel canone dei commediografi stilato dall'erudito del I secolo a.C. Volcacio Sedigito, e riportato da Aulo Gellio nelle sue Noctes Atticae:

(LA)

«multos incertos certare hanc rem vidimus,
palmam poetae comico cui deferant.
eum meo iudicio errorem dissolvam tibi,
ut, contra si quis sentiat, nihil sentiat.
Caecilio palmam Statio do comico.
Plautus secundus facile exsuperat ceteros.
dein Naevius, qui fervet, pretio in tertiost.
si erit, quod quarto detur, dabitur Licinio.
post insequi Licinium facio Atilium.
in sexto consequetur hos Terentius,
Turpilius septimum, Trabea octavum optinet,
nono loco esse facile facio Luscium.
decimum addo causa antiquitatis Ennium.»

(IT)

«Abbiamo visto molti, incerti, rivaleggiare su questo problema, a quale poeta comico assegnare la palma. Grazie al mio giudizio ti scioglierò da quest'incertezza, affinché, se qualcuno la pensasse diversamente, smetta di farlo. Assegno la palma al poeta comico Cecilio Stazio. Plauto, per secondo, facilmente supera i restanti. Poi Nevio, che arde, al terzo posto. Se ci dovrà essere un quarto posto, lo si assegnerà a Licinio. Poi stimo che Attilio segua Licinio. Al sesto posto fa seguito Terenzio, Turpilio ottiene il settimo, Trabea l'ottavo, e stimo che facilmente al nono posto ci sia Luscio. Al decimo aggiungo, per via dell'antichità, Ennio

  1. ^ Pontiggia-Grandi, p. 311.
  2. ^ a b Terenzio, Heautontimorumenos, vv. 22-26.
  3. ^ Terenzio, Adelphoe, vv. 15-21.
  4. ^ Terenzio, Phormio, vv. 4-5.
  5. ^ Terenzio, Andria, vv. 1-27.
  6. ^ Terenzio, Eunuchus, vv. 20-43.
  7. ^ Terenzio, Adelphoe, vv. 1-14.

Collegamenti esterni

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