Seconda battaglia del Kosovo

La Seconda Battaglia del Kosovo (o Cossovo; in ungherese második rigómezei csata; in turco İkinci Kosova savaşı) o battaglia di Kosovo Polje, venne combattuta dal 17 ottobre al 20 ottobre 1448 presso Kosovo Polje, tra la coalizione ungaro-valacca capeggiata da János Hunyadi e le truppe dell'impero ottomano del sultano Murad II.

Seconda battaglia del Kosovo
parte delle Guerre ottomano-ungheresi
Data17 - 20 ottobre 1448 (calendario giuliano)
LuogoKosovo Polje ("Piana dei merli"), nord di Pristina
EsitoVittoria strategica ottomana
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
40.000 - 60.00024.000
Perdite
4.000>6.000
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Significativamente più imponente della prima battaglia del Kosovo, con entrambi gli eserciti del doppio della consistenza della prima battaglia del 1389 (24000 ungheresi e 40000, forse 60000 turchi), ebbe uguale esito del primo scontro: l'esercito ungherese fu sconfitto e messo in fuga. Murad II non riuscì però a catturare Hunyadi che, scampato alla lotta, proseguì nella sua crociata personale contro gli ottomani.

Antefatto

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Murat II
 
János Hunyadi

Dopo la pesante sconfitta subita nella Battaglia di Varna (1444), dovuto ad un grave errore tattico dell'allora sovrano ungherese Ladislao III di Polonia, Giovanni Hunyadi non aveva mai smesso di complottare e combattere per arrivare allo scontro risoluto con il sultano Murad II.

Già nel 1445, il Cavaliere Bianco d'Ungheria appoggiò la spedizione anfibia dei crociati borgognoni di Waleran de Wavrin (zio del cronista Jean de Wavrin). Coadiuvati dalle truppe valacche del voivoda (principe) Vlad II Dracul, i borgognoni strapparono ai turchi la fortezza di Giurgiu, sul Danubio, trucidando gli ottomani catturati[1], mentre Hunyadi li raggiungeva sotto le mura di Nicopoli. L'assedio di Nicopoli venne però abbandonato e lo sbarco sulla riva turca del Danubio rimandato poiché Murad aveva prudentemente fatto terra bruciata dei dintorni.

Nel 1446 Hunyadi diventava reggente d'Ungheria per conto del principe Ladislao il Postumo, prigioniero di Federico III d'Asburgo, mentre Murad si rafforzava in Grecia a discapito dei Bizantini e Vlad Dracul di Valacchia era costretto a rinnovare la sua alleanza con il sultano.

Nel 1447 Hunyadi riprese le operazioni. In novembre marciò sulla Valacchia per riportarla definitivamente sotto il dominio dell'Ungheria[2]: Vlad Dracul ed il suo erede, Mircea II di Valacchia, già crociato a Varna, vennero eliminati ed il trono passò al filo-ungherese Vladislav II di Valacchia.

Nel 1448 Hunyadi era pronto per il colpo. Marciò sulla Moldavia e rimise sul trono il voivoda Petru II, occupando poi il porto fortificato di Chilia. In giugno, Murad II sferrò un attacco anfibio congiunto contro Costantinopoli e contro Chilia ma venne sconfitto su entrambi i fronti[3]. In settembre, Hunyadi oltrepassò il Danubio e mosse verso Smederevo, capitale della Serbia, dove si accampò in attesa dei rinforzi di Scanderbeg dall'Albania, mentre suo fratello Mihály Szilágyi sconfiggeva in Valacchia le forze del Bey turco di Vidin. Il despota di Serbia, Đurađ Branković, rifiutò però di unirsi a Hunyadi, con cui era ormai in rottura dopo i fatti di Varna. Gli ungheresi mossero allora attraverso la Serbia trattandola come territorio ostile ed arrivarono al campo di Kosovo Polje, ove aveva avuto luogo la Prima battaglia del Kosovo. Branković intercettava però nel frattempo le truppe albanesi, impedendo a Scanderbeg di congiungersi con le forze di Hunyadi.

La battaglia

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Schieramenti

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Si stima che gli effettivi dell'esercito ungherese contassero circa 24000 uomini, con il supporto di poche altre migliaia di albanesi, mentre le truppe turche potevano contare su un numero maggiore di unità, valutabili tra le 40000 e le 60000[4][5][6].

Il sultano Murad II comandò personalmente il grosso delle forze turche: sia l'artiglieria che i Giannizzeri. L'erede al trono ottomano, il futuro Maometto II, allora al suo battesimo in battaglia, guidò invece le truppe anatoliche posizionate sull'ala destra dello schieramento turco.

Giovanni Hunyadi si posizionò al centro dello schieramento crociato, forte anch'esso di una sua propria artiglieria, mentre l'ala destra era affidata ai valacchi del voivoda Vladslav II, forte di un corpo di 4000 arcieri[7].

Lo scontro

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Hunyadi aprì lo scontro con una carica di cavalleria pesante e cavalleria leggera contro i fianchi ottomani. Le truppe turche, composte da soldati della Rumelia e dell'Anatolia, vennero salvate dalla contro-carica della loro cavalleria leggera.

Quando i suoi fianchi vennero schiacciati dagli uomini di Murad, Hunyadi ordinò la carica della sua fanteria. I giannizzeri turchi vennero respinti, mentre la cavalleria ungherese si portava fino al campo ottomano. I fanti turchi vennero però riorganizzati in un fronte compatto e respinsero la cavalleria nemica.

Gli ungheresi ripiegarono verso il loro campo, massacrati dal contro-attacco dei giannizzeri. Durante la notte i due fronti si scambiarono diverse salve di artiglieria poi, il mattino successivo, i turchi sbaragliarono ciò che restava degli ungheresi.

Conseguenze

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Mentre Murad II ordinava che le teste dei nemici sconfitti venissero impilate in una piramide, Hunyadi, travestito da soldato semplice, fuggiva dal campo di battaglia. Il Cavaliere Bianco venne catturato da Branković, che lo rinchiuse nelle segrete di Smederevo. Hunyadi venne poi liberato da una spedizione punitiva ungherese. Vladislav II tornava nel frattempo al suo trono per trovarlo usurpato da Vlad III di Valacchia, figlio di Vlad Dracul, tornato in patria al comando di un corpo di spedizione turco.

Sebbene la sconfitta in battaglia costituisse un passo indietro per quanti resistevano all'invasione ottomana dell'Europa a quel tempo, essa non costituì 'un colpo definitivo per la causa'. Giovanni Hunyadi fu infatti in grado di mantenere la resistenza ungherese attiva contro gli Ottomani durante tutto il resto della sua vita, culminata con la schiacciante vittoria dell'Assedio di Belgrado (1456), e Scanderbeg (morto nel 1468) fece lo stesso.

  1. ^ E. Hurmuzaki, Documente privitoare la istoria Românilor, XV/1, p. 57 : causa della strage, perpetrata dall'erede di Vlad Dracul, Mircea II di Valacchia, fu una vendetta contro il tradimento che, nel 1442, aveva portato alla prigionia di Dracul presso i turchi a Gallipoli.
  2. ^ Per la ricostruzione della campagna, F. Pall, Interventia lui Iancu de Hunedoara în Tara Româneascà si Moldova în anii 1447-1448 in Studii : revistà de istorie, XVI, 1963, pp. 1049-1072.
  3. ^ M. Cazacu e P.S. Nàsturel, Une démonstration navale des Turcs devanti Coonstantinople et la bataille di Kilia (1448), in Journal des savants, luglio-settembre 1979, pp. 179-210.
  4. ^ Stephen R. Turnbull, The Ottoman Empire 1326-1699, Osprey Publishing, 2003, p. 36 "Hunyadi led an army of 24,000 men, including 8,000 Wallachians, but suffered another military defeat without even seeing his Albanian allies."
  5. ^ Jean W. Sedlar, East Central Europe in the Middle Ages, 1000-1500, University of Washington Press, 1994, p. 248 "Hunyadi,who was now the richest landowner in Hungary, had raised an army of 24,000 men from his private resources, including German and Bohemian infantrymen armed with handguns to supplement his Hungarian cavalry. [...]This time the sultan brought on to the field a force of at least 60,000 men including Janissaries with muskets and a contingent of artillery."
  6. ^ Matthew Bennett, The Hutchinson Dictionary of Ancient & Medieval Warfare, Taylor & Francis, 1998, p. 182 "Hunyadi led 24,000 - 30,000 men including 10,000 Wallachians, but should have waited to join Scanderbeg's troops before confronting Murad's force of 40,000."
  7. ^ Per la partecipazione valacca alla Seconda battaglia del Kosovo si vedano: Nicolas Iorga, Du nouveau sur la campagne turque de Jean Hunyadi en 1448, in Revue historique du Sud-Est européen, III, 1926, pp. 13-27; St. Andreescu, Une information négligée sur la participation de la Valachie à la bataille de Kosovo (1448), in Revue des études sud-est européennes, VI, 1968, pp. 85-92; Matei Cazacu, La Valachie et la bataille de Kosovo (1448), in Revue des études sud-est éuropéenes, IX, 1971, pp. 131-139.

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