Battaglia della Sutjeska
La battaglia della Sutjeska (in bosniaco Bitka na Sutjesci, in tedesco Fall Schwarz) fu combattuta tra il marzo ed il giugno 1943 tra le potenze dell'Asse e i partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, guidati da Tito.
Battaglia della Sutjeska parte del fronte jugoslavo della seconda guerra mondiale | |||
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Partigiani jugoslavi sulle pendici del monte Zelengora durante la ritirata a ovest della Sutjeska | |||
Data | maggio - giugno 1943 | ||
Luogo | Fiume Sutjeska | ||
Esito | Fallimento dell'Asse ma forti perdite partigiane | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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2.537 civili simpatizzanti per i partigiani giustiziati[4] | |||
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I partigiani jugoslavi riuscirono, pur a costo di pesanti perdite, a sfuggire alla manovra di accerchiamento tedesca e ripiegarono in salvo in Bosnia orientale, dove ripresero la lotta contro l'occupante.
Storia
modificaSul finire del 1942, l'armata partigiana, dopo aver superato con perdite, ma senza essere distrutta, gli attacchi degli occupanti e dei collaborazionisti in Bosnia ed Erzegovina (Fall Weiß o Quarta Offensiva), si era rifugiata in Montenegro per sfuggire a nuovi attacchi e riorganizzarsi. Tuttavia, nel maggio 1943, le truppe dell'Asse, supportate dagli Ustascia e dai Cetnici avevano nuovamente accerchiato i partigiani, ed erano pronte a scatenare una Quinta Offensiva, nome in codice Fall Schwarz[5].
Poiché la conformazione morfologica e il territorio montenegrino non si confacevano al sistema di combattimento partigiano, Tito prese la decisione di tentare di rompere l'accerchiamento.
Il comando nazista prevedeva un attacco partigiano da sud-est, ma Tito (come aveva già fatto in precedenza nella battaglia della Neretva), ingannando i tedeschi, optò per un rientro verso la Bosnia nord-orientale, attraverso le strette gole della Sutjeska[6].
La manovra di ritirata fu drammatica a causa dell'aspro terreno montagnosa e della grande superiorità numerica e materiale delle forze tedesche che cercavano di distruggere le forze partigiane accerchiate tra le quali si aveva notizia certa vi fosse anche Tito e tutto il comando supremo nemico[7]. In questa fase della battaglia furono paracadutati sul Monte Durmitor, al centro della sacca formata dai partigiani, i componenti di una missione di collegamento britannica, guidata dal capitano Frederick William Deakin, che parteciparono alla fasi più difficili della ritirata verso nord-ovest[8].
Lo sfondamento delle linee d'accerchiamento tedesche lungo la Sutjeska ebbe successo, dopo violenti combattimenti, nella prima settimana di giugno; l'attacco decisivo venne sferrato il 10 giugno 1943 a Balinovac dalla 1ª Brigata proletaria di Danilo Lekić che aprì il primo varco, seguita subito dietro dalla 3ª Brigata proletaria della Craina; le truppe tedesco-croate della 369. Divisione vennero sbaragliate e si ritirarono[9]. Il comandante della 1ª Divisione proletaria Koča Popović, decise di passare subito attraverso il varco con tutte le sue truppe senza attendere il comando supremo con Tito che tuttavia riuscì a sua volta a sbucare fuori dall'anello d'accerchiamento insieme alla 2ª Divisione proletaria di Peko Dapčević[10]. Entro il 14 giugno le due divisioni proletarie riuscirono quindi a fuggire verso nord; insieme con queste truppe partigiane si ritirarono in salvo anche Tito, i componenti del comando supremo e i britannici della missione di collegamento[11].
Rimasero tuttavia bloccati nella sacca compresa tra la Sutjeska e la Piva, i partigiani della 3ª Divisione d'assalto, guidata da Radovan Vukanović e dal famoso Sava Kovačević, che era rimasta a protezione dei feriti e a copertura delle altre forze in ritirata; erano presenti in questo gruppo anche i dirigenti comunisti Milovan Đilas, Ivan Milutinović e Blažo Jovanović. Kovačević organizzò il 13 giugno 1943 un disperato tentativo di sortita attraverso la Sutjeska che terminò con un tragico fallimento; la 1ª Brigata dalmata che marciava in testa, in un primo tempo riuscì a passare ma non mantenne aperto il varco, abbandonando subito le posizioni conquistate; Sava Kovačević dovette quindi sferrare un nuovo attacco ma venne ucciso quasi subito mentre guidava dalla prima linea i suoi uomini[12]. Dopo la morte del comandante, arrivarono sul campo i partigiani della 3ª Brigata del Sangiaccato che sferrarono una serie di attacchi disperati per sfondare lo sbarramento tedesco formato dagli svevi della 7. SS "Prinz Eugen". Nonostante grande coraggio e determinazione, i partigiani subirono fortissime perdite e non riuscirono a sfondare; caddero, tra gli altri, il vice comandante della brigata Momčilo Moma Stanojlović e il commissario politico Božo Miletić che, ferito, si uccise per non cadere prigioniero[13][14]. Dopo il drammatico combattimento per uscire dalla sacca i superstiti del gruppo accerchiato, guidati da Vukanović, Đilas e Milutinović, si dispersero: una parte della 5ª Brigata montenegrina e un battaglione della brigata del Sangiaccato riuscirono a uscire dalla sacca attraverso il monte Ozren e si ricongiunsero al gruppo operativo principale di Tito, mentre il resto delle truppe e i comandanti tornarono indietro, riattraversarono la Sutjeska e trovarono rifugio nelle foreste del Peručica e del Suhi Potok[15]. Nei giorni seguenti i tedeschi rastrellarono la sacca ed eliminarono i feriti[16].
L'armata partigiana, pur con grandi sacrifici, durante mesi di battaglia, riuscì a sfuggire alla morsa nella quale era stata stretta, aumentando in tal modo il proprio prestigio sul fronte iugoslavo.
Monumento della Sutjeska
modificaNegli anni sessanta il governo della Repubblica Socialista Federale di Iugoslavia fece erigere un imponente monumento per commemorare la battaglia della Sutjeska.
Film
modificaFu ispirato dalla battaglia anche un film, analogamente alla Battaglia della Neretva. Vedi La battaglia della Neretva.
Comandanti partigiani nella battaglia della Sutjeska
modificaNote
modifica- ^ a b c Report of the commander of German troops in Croatia from the 20th of june 1943 (in Croatian) (PDF), Collection of Documents and Information on the National Liberation War of the Peoples of Yugoslavia, Volume XII (german documents), book 3, page 94. URL consultato il 28 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2013). Ospitato su znaci.net.
- ^ a b c d (DE) Zbirka dokumenata nemačkog XV brdskog armijskog korpusa, T314 roll 560. Verlust- und Beutemeldung Unternehmen "Schwarz" (archiviato dall'url originale il 28 agosto 2014). Ospitato su znaci.net.
- ^ (EN) Marko Attila Hoare, Genocide and Resistance in Hitler's Bosnia: The Partisans and the Chetniks, 1941-1943, Oxford, Oxford University Press, 2006, p. 341, ISBN 978-0-19-726380-8.
- ^ (EN) Operation "Schwarz" (1943-05-15), su AxisHistory.com. URL consultato l'11 settembre 2020.
- ^ Gobetti, p. 232.
- ^ Bambara, p. 234.
- ^ Deakin, pp. 46-47.
- ^ Deakin, pp. 20-40.
- ^ Scotti, pp. 231-235.
- ^ Djilas, p. 373.
- ^ Deakin, pp. 40-45.
- ^ Djilas, pp. 339-345.
- ^ Djilas, pp. 348-349.
- ^ Scotti, p. 239.
- ^ Scotti, p. 241.
- ^ Deakin, pp. 46-50.
Bibliografia
modifica- Gino Bambara, La guerra di liberazione nazionale in Jugoslavia, Milano, Mursia, 2011, ISBN 9788842586661.
- Frederick William Deakin, La montagna più alta. L'epopea dell'esercito partigiano jugoslavo, Milano, Club degli editori, 1972.
- Milovan Djilas, La guerra rivoluzionaria jugoslava (1941-1945). Ricordi e riflessioni, traduzione di Parmeggiani, Gorizia, LEG, 2015.
- Eric Gobetti, L'occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (1941-1943), Roma, Carocci, 2008, ISBN 978-88-430-4171-8.
- Giacomo Scotti, Montenegro amaro. L'odissea dei soldati italiani tra le Bocche di Cattaro e l'Erzegovina dal luglio 1941 all'ottobre 1943, Collana blu. Storia e politica, Odradek, 2013, ISBN 9788896487259.
Voci correlate
modificaAltri progetti
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