La messa stazionale è la messa celebrata con particolare solennità dal papa o da un altro vescovo diocesano con la partecipazione del suo clero e dei suoi fedeli. In origine era la messa celebrata tradizionalmente dal papa con un numeroso seguito di vescovi, presbiteri, diaconi, suddiaconi, accoliti, cantori e con la partecipazione del popolo.[1] In essa il vescovo diocesano celebra l'eucaristia (soprattutto nella chiesa cattedrale) circondato dal suo presbiterio e dai ministri, con la partecipazione piena e attiva dei laici.[2]

A Roma la messa stazionale celebrata dal papa serviva da modello a tutte le altre, che la riproducevano con la massima esattezza possibile, anche se erano celebrate con minore solennità e le funzioni svolte dai ministri della messa stazionale venivano concentrate in un numero minore di persone, fino al livello della messa bassa tridentina celebrata da un solo sacerdote servito da un solo ministro.[1]

Le altre messe celebrate a Roma non avevano la pompa della stazionale, di quella grande assemblea liturgica alla quale si convocava tutto il clero e tutti i fedeli, addirittura presumendone la presenza. Ciò che distingueva la messa stazionale non era il rango episcopale, superiore a quello di un presbitero, perché abbastanza frequentemente, quando il papa si trovava impedito, la messa stazionale veniva celebrata da un presbitero con cerimoniale quasi identico per imponenza e complessità. In comparazione con la stazionale, veramente pubblica, le altre messe erano private, perché ad essa partecipava la chiesa romana nella sua interezza.[3]

Etimologia

Il significato basico del latino statio deriva da stare (stare, fermarsi, prendere posizione), e venne a significare un raduno in un luogo fisso per un determinato scopo: il Libellus precum luciferiano del 384 l'adopera per descrivere un'assemblea strettamente liturgica (Migne, Patrologia Latina 13:83}.[4]

A volte il termine statio era usato dai primi cristiani per significare "digiuno", più specificamente un digiuno o giorno di digiuno parziale, distinto da un giorno di digiuno completo (in latino ieiunium).[4] Nel Pastore di Erma, scritto a Roma in greco a metà circa del II secolo, si trova il dialogo: "Perché mai di buon'ora sei venuto qui?" "Perché ho stazione, signore". "Che significa stazione?" "Digiuno, signore".[5][6] Tertulliano (155 circa – 230 circa) sia nell'opera Ad uxorem[7] sia nel De oratione[8] usa statio nel senso di giornata di digiuno, forse un po' meno prolungata.[9]

Sant'Ambrogio (339 o 340 – 397) interpretò i digiuni dei cristiani figurativamente in relazione alla loro lotta contro gli spiriti malvagi: «I nostri digiuni sono i nostri accampamenti, che ci difendono dagli attacchi del maligno, e li chiamiamo "stazioni", perché ci assistiamo in piedi (stantes) e perseverando in essi, respingiamo le insidie dei nemici».[10][11][12]

La stessa metafora si trova in Tertulliano (155 circa – 230 circa), sia nell'opera Ad uxorem[7] sia nel De oratione, dove spiega: «Statio de militari exemplo nomen accipit, nam et militia Dei sumus». («La stazione deriva il suo nome dal mondo militare, poiché infatti siamo esercito di Dio»)[13] I Romani davano infatti il nome "statio" ad una caserma (es. "statio primae cohortis").[14][10] Tertulliano parla di "processioni, digiuni, stazioni, preghiere"; e dice che nelle stazioni i soldati cristiani stavano di guardia, e vegliavano in preghiera. Il termine militare per questo atto di preghiera, dice Pompeio Ugonio (Historia delle stationi di Roma, 1588), è entrato in uso durante le persecuzioni e Tertulliano suggeriva che significasse il tempo della battaglia della Chiesa, la veglia della Chiesa militante, la sua penitenza, che terminerebbe con la vittoria.[15][16]

Secondo la New Catholic Encyclopedia, la forse più plausibile teoria avanzata per spiegare come la statio abbia acquisito la connotazione penitenziale è la congettura secondo cui, poiché i giorni del semidigiuno erano in molti luoghi anche giorni di osservanza liturgica, il termine "stazione" venne comunemente applicato sia al digiuno del giorno sia al rito del giorno.[4]

Pasquale Iacobone pure mette il termine statio in relazione con l'idea di "veglia". Dice che Il termine latino ricorda anche la figura della sentinella che vigila nell'accampamento, e riprende così il tema della vigilanza e dell'attenzione verso le opere di penitenza, carità e digiuno, tipiche della quaresima, il tempo liturgico in cui spesso si tengono queste Messe.[17]

Dopo il periodo delle persecuzioni, il nome di "stazione" venne dato ad "una solenne liturgia celebrata dal Papa o da un suo delegato in una basilica o, per la crescita del culto dei martiri, in un cimitero".[18][19]

Nell'antichità anche altre diocesi svilupparono delle liturgie stazionali, che comprendevano una processione, in genere in correlazione al culto liturgico dei martiri.[20] Fra queste vi erano Gerusalemme e Costantinopoli[9], Milano, Antiochia, Tours, Ossirinco in Egitto, Metz, Vercelli e Pavia.[21] Ad Aquileia le stazioni si svolgevano per le tre messe di Natale, nelle feste dei tre giorni successivi e nelle ferie di Pasqua.[22] Più tardi, si cercò di imitare le stazioni romane introducendo un ciclo di messe celebrate dal vescovo nelle diverse chiese delle città dell'impero carolingio.[23][4]

Henri Leclerque dice che il nome di "stazione" era dato anche a quella chiesa che era la meta verso la quale i fedeli andavano in processione, e il percorso che seguivano per raggiungerla diventò statio ad...[9] Nelle edizioni del Messale Romano fino a quella del 1962 se ne conserva il ricordo con l'espressione "Statio ad..." che segue il titolo con il giorno liturgico.

Le edizioni del Messale Romano successive al Concilio Vaticano II, raccomandano "vivamente che, soprattutto nel Tempo di Quaresima, si conservi e si incrementi, l'uso di riunire la Chiesa locale nella forma delle «stazioni» romane. Nelle domeniche o nei giorni più adatti durante la settimana, in particolare quando presiede il pastore della diocesi, si potranno radunare tali assemblee di fedeli presso i luoghi di sepoltura dei santi, nelle principali chiese o santuari [...] Se prima della celebrazione della Messa, secondo i luoghi e le circostanze, si svolge una processione, ci si raduna in una chiesa minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa versi la quale si dirige la processione".[24]

Stazioni romane

In origine l'unica messa che si celebrava nella città di Roma era quella celebrata dal vescovo, il papa, alla quale dovevano assistere tutti i fedeli, ma poi si rese necessario fondare delle chiese rurali alle quali il vescovo delegava dei sacerdoti.[25]

Il papa celebrava la messa con un numeroso seguito di vescovi, presbiteri, diaconi, suddiaconi, accoliti, cantori e con la partecipazione del popolo. Questa messa serviva da modello a tutte le altre, che la riproducevano con la massima esattezza, anche se erano celebrate con minore solennità e le funzioni svolte dai ministri della messa stazionale venivano concentrate in un numero minore di persone, fino alla messa bassa tridentina celebrata da un solo sacerdote servito da un solo ministro.[1]

Al principio del IV secolo la crescita della comunità cristiana rese necessaria la celebrazione di più messe, cosicché papa Milziade dispose che i sacerdoti dei diversi titoli potessero celebrare una messa nella propria basilica, dopo la messa stazionale. Tuttavia, per rimarcare l'unità della Chiesa, alle altre messe era inviata una parte dell'eucaristia consacrata nella messa stazionale.[26]

Dopo le persecuzioni, le esistenti domus Dei, chiese nelle case private, divennero i tituli o chiese parrocchiali, delle quali esistevano 25 nel V secolo. A queste si aggiunsero, sotto gli imperatori cristiani, le basiliche maggiori e alcuni edifici ecclesiastici minori. Nello stabilire un ciclo di visite stazionarie, i vescovi di Roma, come altri vescovi, videro in esso un simbolo appropriato dell'unità del pastore con il suo gregge. Infatti, sebbene l'intera comunità diocesana non potesse partecipare alla messa stazionale, questa messa sarebbe stata comunque la liturgia diocesana ufficiale, e ci sarebbero delegazioni per rappresentare i vari quartieri della città, con il proprio clero per assisterli. Se il sacerdote incaricato di un titulus era assente, il celebrante gli inviava, in segno di unione eucaristica, il fermentum, una porzione del pane da lui consacrato.[4]

Non si sa quali fossero le prime chiese nelle quali i papi celebravano le stazioni, ma è possibile che i papi abbiano cominciato la prassi già nel III secolo.[4] Il sistema stazionale romano fu organizzato nella seconda metà del V secolo sotto papa Ilario e raggiunse il suo compimento con papa Gregorio I (590–604).[27] Nel Comes di Würzburg, un lezionario del IX secolo, si trova la lista delle stazioni al tempo di questo papa. Per i giovedì di quaresima, che in origine erano giorni aliturgici, le Messe stazionali risalgono all'VIII secolo, al pontificato di Gregorio II (715–731), e il Messale tridentino (1570) mantenne sostanzialmente invariato questo elenco, che copriva senza interruzione i giorni di Quaresima e l'ottava di Pasqua e le domeniche dei tempi di Avvento e di Natale, nonché la festa dell'Ascensione e la domenica di Pentecoste con le due ferie successive. Si assegnavano stazioni pure alle Quattro tempora. L'elenco finale comprende 89 celebrazioni in 87 giorni in 42 chiese.[28][4]

L'Ordo Romanus II, verso la metà dell'VIII secolo, contiene prescrizioni per la Messa stazionale nell'evenienza che sia celebrata da un vescovo o da un presbitero in sostituzione del papa: il sostituto non può usare la cattedra e deve mettere nel suo calice un frammento del pane eucaristico consacrato dal pontefice.[29]

Weigel dice che la pratica del pellegrinaggio alla chiesa stazionale svanì gradualmente a Roma, dopo che le riforme introdotte da Gregorio VII (1073–1085) nell'XI secolo diedero risalto alla figura del papa come amministratore e le liturgie papali incominciarono a essere celebrate in privato e non più fra il popolo di Roma,[30] e che i pellegrinaggi alle chiese stazionali cessarono del tutto durante la cattività avignonese (dal 1309 al 1377),[30] sebbene le stazioni continuassero a essere regolarmente notate nel Messale. Nonostante le affermazioni di Weigel, i pellegrinaggi alle stazioni romane continuarono, pur senza partecipazione dei papi eccetto in parte del regno di papa Sisto V (1585–1590), che nonostante le proteste dei cardinali volle riprendere la tradizione.[31][32] La continuazione dei pellegrinaggi è testimoniata nella seconda metà del Cinquecento (prima del pontificato di Sisto V) da un testimone oculare che racconta che il concorso dei fedeli alle stazioni, e in particolare a quella del mercoledì delle ceneri, era così numeroso e continuo da essere chiamato "il fiume" e da essere paragonato a quello delle api intorno al loro alveare.[33]

 
Seguendo l'esempio di papa Sisto V, i papi a partire da Giovanni XXIII hanno ripreso la pratica di visitare la stazione del Mercoledì delle Ceneri, Santa Sabina all'Aventino.

Nello stesso XVI secolo, come già menzionato, papa Sisto V (1585–1590) decise di celebrare personalmente la messa nelle chiese stazionali del mercoledì delle ceneri e delle domeniche di Quaresima, "non per solamente visitarla, come da molti anni indietro si costumava, ma per celebrarvi la Cappella Papale, assistente il Collegio di Cardinali, & tutta la Corte". Per celebrarla rivolto verso il popolo spostò l'altare nella basilica di Santa Sabina "allontanandolo dalla Tribuna [cioè dall’abside] per tanto spatio quanto è necessario, & conveniente alla Cappella Papale, acciò il sommo Pontefice nel mezzo, & intorno i Cardinali possino sedere, & assistere al santo sacrificio della Messa".[31][32]

Dopo la soluzione della questione romana, papa Pio XI e papa Pio XII continuarono[34] la tradizione di concedere indulgenze a chi facesse visita alla chiesa nel giorno indicato nel Messale Romano.[35][36][37]

Il merito del ripristino dei pellegrinaggi alle stazioni quaresimali, caduti in disuso a seguito della proibizione, dopo il 1870, di ogni atto di culto pubblico fuori dalle chiese, si deve a Carlo Respighi (1873–1947), prefetto delle cerimonie apostoliche e Magister del Collegium Cultorum Martyrum, società archeologica e devozionale romana.[4]

Papa Giovanni XXIII si recò a Santa Sabina al mercoledì delle ceneri per ricevervi le sacre ceneri e nello stesso anno presiedette le stazioni domenicali di Santa Maria in Domnica, di San Lorenzo fuori le mura e di Santa Prisca[38]; papa Paolo VI visitò la chiesa di Sant'Eusebio per la sua stazione nel 1967.[34]

Per iniziativa del Pontificio collegio americano del Nord dal 1975 si celebra una Messa in inglese in tutte le stazioni di Quaresima dal lunedì al venerdì. A queste celebrazioni la diocesi di Roma ha aggiunto in seguito le Messe stazionali quaresimali celebrate in italiano nel tradizionale orario vespertino.[34]

Due forme di statio romana

Si distinguono due forme in cui si poteva usare il termine statio, quella festiva e quella penitenziale.[39]

In quella festiva, che si celebrava in mattinata, il clero e i fedeli si riuniscono nella chiesa della statio ed escono a salutare il papa e a chiedere la sua benedizione al suo arrivo dal Palazzo del Laterano in una processione non liturgica e senza partecipazione del popolo.

Quando si trattava della messa stazionale in una delle sette regioni della città, tutti gli accoliti di quella regione si recavano al Palazzo del Laterano per accompagnare a piedi alla chiesa stazionale il papa, che veniva portato generalmente in sella gestatoria, ma a volte cavalcava un cavallo tenuto da due stallieri. Nel VI o VII secolo, forse un poco prima, era preceduto a piedi dal capo accolito della chiesa stazionale, che portava il sacro crisma coperto con un velo. Precedevano a cavallo i diaconi, il cancelliere, due notari e i suddiaconi regionali, seguivano a cavallo l'arcidiacono, il sagrestano, il nomenclatore (segretario particolare) e il tesoriere. Si portavano anche un grande calice gemmato e una grande patena, un evangeliario e un epistolario preziosi e diversi altri oggetti liturgici d'oro e d'argento. A volte durante il tragitto, il papa accettava petizioni scritte e poteva o concedere la domanda o affidarla ai suoi ufficiali.[40][41]

Nella statio penitenziale celebrata nel pomeriggio dei giorni di digiuno, tutti, compreso il papa, si riunivano in una chiesa designata come luogo di assemblea, chiamata collecta. Dopo l'orazione denominata oratio ad collectam o solo collecta, si formava una processione pubblica che menava alla chiesa stazionale, dove si celebrava la messa.[39]

Rito della messa

La forma della messa celebrata nelle stazioni romane variò con il tempo. Basta pensare dell'introduzione medioevale delle ostie di pane azzimo al posto dei pani lievitati interi che i fedeli presentavano e di cui i pezzi venivano distribuiti nella comunione: verso il IX secolo il pane comune venne progressivamente sostituito dal pane azzimo, pratica che diventerà finalmente imperativa nell'XI secolo; e le ostie rotonde ora in uso comparvero verso il XII secolo, quando si cominciò a tagliare la pasta azzima in modum denarii, nella forma di moneta.[42] Papa Gregorio I (590–604) introdusse diverse modifiche.[43] Modifiche introdotte a nord delle Alpi nella messa romana nel periodo tra l'VIII e il X secolo sono state adottate anche dai papi e la risultante liturgia ibrida divenne quella in uso anche nelle celebrazioni stazionali della chiesa di Roma.[44]

L'Ordo Romanus Primus fornisce una descrizione della messa papale della fine del VII secolo o dell'inizio dell'VIII secolo.[45][46][47][48]

Entrato nella chiesa, il Papa va prima di tutto al secretarium (sagrestia), dove gli si mettono i paramenti della messa: camice, cingolo, amitto, dalmatica di lino, dalmatica maggiore, pianeta e pallio. Nel frattempo si rompe il sigillo del contenitore del prezioso evangeliario portato dal Laterano, il diacono lo prepara e un suddiacono lo pone solennemente sull'altare. Poi il pontefice, preceduto dal coro, da un suddiacono con incenso e da sette accoliti ognuno con un cero acceso. All'arrivo al presbiterio si mostra al pontefice il contenuto di due pissidi con frammenti del pane consacrato in una celebrazione precedente (i sancta, ed egli li venera e sceglie quelli da usare. Poi nel presbiterio si inchina all'altare, prega in silenzio facendosi il segno della croce sulla fronte, dà la pace a due dignitari del clero e a tutti i diaconi e segnala al coro di cominciare la dossologia conclusiva del canto. Saluta con un bacio l'evangeliario e l'altare e va alla sua sede, dove sta in piedi guardando verso oriente. Il coro, dopo aver terminato l'antifona all'introito, canta i Kyrie, il cui numero può essere variato secondo le indicazioni del papa. Questi poi, rivolgendosi al popolo, inizia il canto del Gloria in Excelsis Deo[49], e di nuovo si gira verso oriente. Finito questo, il papa, rivolto al popolo, dice "Pax vobis" e subito verso oriente, dice "Oremus" e la preghiera che più tardi sarà chiamata la colletta. Dopo la quale tutti si siedono.[47][50][51]

Il suddiacono canta l'Epistola nell'ambone, un cantore il responsum (tipicamente un salmo responsoriale, antenato del graduale),[52][53] un altro o l'Alleluia o il tratto. Poi il diacono, dopo avere baciato i piedi, non la mano, del pontefice nel chiedergli la benedizione, va all'ambone preceduto da due suddiaconi con incenso e due accoliti con candele accese, e salito all'ambone canta il Vangelo. Dopo il Vangelo, un suddiacono offre al bacio dei membri del clero l'evangeliario, che poi, messo in un contenitore e sigillato, verrà riportato in Laterano.[54]

Nell'offertorio si accettano i pani lievitati e i fiaschi di vino offerti. Il vino si versa in un grande calice e poi, secondo che questo si riempie, il contenuto si svuota in un vaso più grande. Il pontefice riceve personalmente alcune delle offerte, poi si lava le mani e torna alla sua sede, mentre le offerte di pane vengono disposte sull'altare. Poi scende dalla sua sede all'altare, riceve formalmente le offerte e mette sull'altare i due pani della sua offerta personale. L'arcidiacono mette accanto ai due pani del pontefice il calice del vino, le cui anse sono coperte da un velo, nel quale ha previamente versato un po' d'acqua facendo con essa il segno della croce.[55]

Dopo l'orazione dell'offertorio, seguono il responsorio Sursum corda, il Prefazio, il Sanctus e il canone romano, cantato nella sua interezza.[56]

Dopo il Pater noster il pontefice, mentre dice Pax Domini sit semper vobiscum ("La pace del Signore sia sempre con voi"), mette nel calice un frammento di pane consacrato in una messa precedente (i sancta). E l'arcidiacono scambia con il vescovo ebdomadario il bacio della pace, che poi si scambia con il resto del clero per ordine di precedenza e con il popolo.[57]

Prima della frazione del pane, il papa stacca un pezzo del lato destro di uno dei pani della sua offerta e lo mette sull'altare; il resto lo mette sulla patena (un vassoio abbastanza grande per tenere più pani lievitati) tenuta dal diacono. Si ritira poi alla sua sedia, dove viene portata la patena con i pani, che i diaconi spezzeranno. Gli altri pani sull'altare sono messi in sacchetti tenuti dagli accoliti, che li portano ai vescovi e ai presbiteri per essere spezzati. Il "nomenclator" e il "vicedominus" di palazzo si avvicinano al papa, che detta i nomi di quelli che sono invitati alla tavola pontificia o del vicedomino; poi avvertono le persone invitate.[14][58] Fatta la distribuzione, il coro canta l'Agnus Dei e si esegue la frazione del pane.[58][59]

Dopo la frazione del pane, un diacono assistente porta la patena al pontefice, che riceve la comunione e poi mette nel calice tenuto dall'arcidiacono un frammento dello stesso elemento che ha morso. Nel metterlo nel calice fa con esso tre volte il segno della croce mentre dice: "Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam".[60][61] E riceve la comunione con il calice datogli dall'arcidiacono.

L'arcidiacono poi va al lato dell'altare e annuncia il luogo e la data della prossima statio. I vescovi e i presbiteri ricevono la comunione dalle mani del pontefice e il primo dei vescovi dà da bere al clero dal calice, che ha preso dall'arcidiacono. Questi ha già versato un poco del calice nel grande vaso già menzionato, dalla quale bevono i fedeli usando una cannuccia (la fistula). Dopo la comunione del clero, il pontefice la amministra agli ufficiali civili e l'arcidiacono dà loro da bere dal calice. A questo punto il coro comincia a cantare alternandosi ai suddiaconi.[62]

Finita la comunione, si dà al coro il segnale di cantare la dossologia finale. Poi il pontefice dice l'orazione di conclusione guardando verso oriente e senza volgersi verso il popolo nemmeno nel dire "Dominus vobiscum" ("Il Signore sia con voi"). Uno dei diaconi, al cenno del pontefice, dice al popolo "Ite missa est". Allora il papa scende dalla sua sede nel presbiterio, i vescovi gli chiedono la benedizione ed egli risponde: "Benedicat nos Dominus" ("Ci benedica il Signore").[63]

In quattro feste maggiori dell'anno, Pasqua, Pentecoste, San Pietro e Natale, i presbyteri cardinales stanno presso l'altare, ognuno con un suo corporale e l'arcidiacono porge a ciascuno tre pani, che consacrano senza tenerli sull'altare, pronunciando la preghiera di consacrazione simultaneamente con il papa.[64]

Il retaggio di forme antiche della messa papale

Secondo Francesco Arisi (1874–1930),[65] la messa del rito romano, nella forma da lui conosciuta, deriva dall'antica messa stazionale e talvolta ne riproduce gesti e prescrizioni liturgiche.[66]

Il canto dell'introito deriva dal canto di accoglienza da parte del coro per il papa, che si iniziava quando il papa usciva dalla sagrestia, come indica l'Ordo Romanus Primus,[67] o quando appariva sulla soglia della basilica, come dice Arisi, il quale osserva che in origine l'introito era presente solo nelle Messe stazionali in cui c'era l'ingresso solenne.[68]

Anche la colletta era, secondo un'interpretazione, un'orazione che nei giorni penitenziali si pronunciava nella chiesa dell'adunata del popolo (la collecta), da dove poi partiva la processione fino alla chiesa stazionale, donde l'espressione oratio ad collectam.[69][22] Secondo un'altra interpretazione, il nome deriva dall'uso di far seguire ad un periodo di preghiera in silenzio, introdotta dall'invito del pontefice, "Oremus", e dall'istruzione del diacono, "Flectamus genua", un'orazione con la quale il papa raccoglieva (colligere) le preghiere di tutti in una concisa supplica conclusiva (collecta).[70]

L'uso di inviare la materia consacrata decadde fra il X e l'XI secolo, ma ne rimase traccia nella messa tridentina solenne nell'omaggio reso dal suddiacono alla patena coperta dal velo omerale; anche nella messa tridentina letta[71] la patena rimane parzialmente coperta dal corporale,[72] collocazione interpretata da Arisi "come se [la patena] contenesse le sacre specie provenienti dalla messa stazionale".[26] L'Ordo Romanus Primus indica che, all'inizio del canone, un accolito porta dalla sagrestia all'altare, avvolta in un velo di lino, la patena-vassoio, che è consegnata al secondo diacono alla fine dell'embolismo del Padre nostro. Poi il pontefice stacca dal pane consacrata un pezzo che lascia sull'altare, mette due pani sulla patena e va alla cattedra, seguito dal diacono con la patena.[57][73][74]

Ma è soprattutto nel Proprio che la Messa tridentina ha conservato traccia delle antiche Messe stazionali. Ad esempio, il venerdì della IV settimana di Quaresima la stazione era a Sant'Eusebio sull'Esquilino, accanto alla grande necropoli di Roma antica e tanto l'epistola quanto la pericope evangelica presentano due episodi di risurrezione. Il venerdì dopo le Ceneri la stazione era ai Santi Giovanni e Paolo al Celio, poco lontano dall'ospedale di Pammachio, e i brani di Isaia e del Vangelo di Matteo presentano esempi di carità verso il prossimo. Il venerdì della III settimana di Quaresima la stazione era a San Lorenzo in Lucina. Lucina, fondatrice del titolo era identificata dalla tradizione con la samaritana che il Signore incontra al pozzo di Giacobbe e l'episodio è presentato nel Vangelo di questo giorno.[75]

Il rito romano rivisto dopo il Concilio Vaticano II ha ripreso alcune concrete peculiarità della messa antica, abbandonando alcuni usi in vigore nella messa tridentina.[76][77] Tra quelli antichi ripresi c'è la frazione del pane al canto dell'Agnus Dei. Un altro è la recita della preghiera eucaristica ad alta voce. Tra gli elementi considerati di essere stati "aggiunti senza grande utilità".[78] e che quindi sono stati abbandonati c'è l'"Ultimo Vangelo"[79]

Secondo Weigel, il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, nell'elaborazione del nuovo Messale, fece molto meno conto del rapporto tra le chiese stazionali e la liturgia quaresimale che ne fece il Messale Romano prima del Concilio Vaticano II.[80]

Elenco delle chiese stazionali romane

Il Messale Romano tridentino indica per 89 giorni dell'anno la chiesa romana assegnata per la celebrazione della messa stazionale del giorno: 43 chiese, di cui due sono state demolite. L'elenco comprende le domeniche di Avvento, alcune feste del Tempo di Natale, le domeniche del Tempo di Settuagesima, le domeniche e le ferie del tempo di Quaresima, del tempo di Passione e dell'ottava di Pasqua, i giorni delle Rogazioni maggiori e minori, l'Ottava di Pentecoste e i giorni delle Quattro Tempora.

Giorno liturgico Chiesa stazionale
Prima domenica d'Avvento Santa Maria Maggiore
Seconda domenica d'Avvento Santa Croce in Gerusalemme
Terza domenica d'Avvento San Pietro in Vaticano
Mercoledì delle Tempora d'Avvento Santa Maria Maggiore
Venerdì delle Tempora d'Avvento Santi XII Apostoli
Sabato delle Tempora d'Avvento San Pietro in Vaticano
Quarta domenica d'Avvento Santi XII Apostoli
Vigilia di Natale Santa Maria Maggiore
Natale, alla notte Santa Maria Maggiore
Natale, all'aurora Sant'Anastasia
Natale, al giorno Santa Maria Maggiore
Santo Stefano Santo Stefano
San Giovanni evangelista Santa Maria Maggiore
Santi Innocenti Martiri San Paolo fuori le mura
Circoncisione del Signore Santa Maria in Trastevere
Epifania San Pietro in Vaticano
Domenica di Settuagesima San Lorenzo fuori le mura
Domenica di Sessagesima San Paolo fuori le mura
Domenica di Quinquagesima San Pietro in Vaticano
Mercoledì delle Ceneri Santa Sabina
Giovedì dopo le Ceneri San Giorgio in Velabro
Venerdì dopo le Ceneri Santi Giovanni e Paolo
Sabato dopo le Ceneri San Trifone[81]
Prima domenica di Quaresima San Giovanni in Laterano
Lunedì della prima settimana di Quaresima San Pietro in Vincoli
Martedì della prima settimana di Quaresima Sant'Anastasia
Mercoledì delle Tempora di Quaresima Santa Maria Maggiore
Giovedì della prima settimana di Quaresima San Lorenzo in Panisperna
Venerdì delle Tempora di Quaresima Santi XII Apostoli
Sabato delle Tempora di Quaresima San Pietro in Vaticano
Seconda domenica di Quaresima Santa Maria in Domnica
Lunedì della seconda settimana di Quaresima San Clemente
Martedì della seconda settimana di Quaresima Santa Balbina
Mercoledì della seconda settimana di Quaresima Santa Cecilia
Giovedì della seconda settimana di Quaresima Santa Maria in Trastevere
Venerdì della seconda settimana di Quaresima San Vitale
Sabato della seconda settimana di Quaresima Santi Marcellino e Pietro
Terza domenica di Quaresima San Lorenzo fuori le mura
Lunedì della terza settimana di Quaresima San Marco
Martedì della terza settimana di Quaresima Santa Pudenziana
Mercoledì della terza settimana di Quaresima San Sisto
Giovedì della terza settimana di Quaresima Santi Cosma e Damiano
Venerdì della terza settimana di Quaresima San Lorenzo in Lucina
Sabato della terza settimana di Quaresima Santa Susanna
Quarta domenica di Quaresima Santa Croce in Gerusalemme
Lunedì della quarta settimana di Quaresima Santi Quattro Coronati
Martedì della quarta settimana di Quaresima San Lorenzo in Damaso
Mercoledì della quarta settimana di Quaresima San Paolo fuori le mura
Giovedì della quarta settimana di Quaresima Santi Silvestro e Martino ai Monti
Venerdì della quarta settimana di Quaresima Sant'Eusebio
Sabato della quarta settimana di Quaresima San Nicola in Carcere
Domenica di Passione San Pietro in Vaticano
Lunedì di Passione San Crisogono
Martedì di Passione San Ciriaco[82]
Mercoledì di Passione San Marcello
Giovedì di Passione Sant'Apollinare
Venerdì di Passione Sant'Eusebio
Sabato di Passione Santo Stefano
Domenica delle Palme San Giovanni in Laterano
Lunedì santo Santa Prassede
Martedì santo Santa Prisca
Mercoledì santo Santa Maria Maggiore
Giovedì santo San Giovanni in Laterano
Venerdì santo Santa Croce in Gerusalemme
Sabato santo San Giovanni in Laterano
Domenica di Pasqua Santa Maria Maggiore
Lunedì di Pasqua San Pietro in Vaticano
Martedì di Pasqua San Paolo fuori le mura
Mercoledì di Pasqua San Lorenzo fuori le mura
Giovedì di Pasqua Santi XII Apostoli
Venerdì di Pasqua Santa Maria ad Martyres
Sabato di Pasqua San Giovanni in Laterano
Domenica in Albis San Pancrazio
Rogazioni maggiori San Pietro in Vaticano
Rogazioni minori, al lunedì Santa Maria Maggiore
Rogazioni minori, al martedì San Giovanni in Laterano
Rogazioni minori, al mercoledì San Pietro in Vaticano
Ascensione San Pietro in Vaticano
Vigilia di Pentecoste San Giovanni in Laterano
Pentecoste San Pietro in Vaticano
Lunedì di Pentecoste San Pietro in Vincoli
Martedì di Pentecoste Sant'Anastasia
Mercoledì delle Tempora di Pentecoste Santa Maria Maggiore
Giovedì di Pentecoste San Lorenzo fuori le mura
Venerdì delle Tempora di Pentecoste Santi XII Apostoli
Sabato delle Tempora di Pentecoste San Pietro in Vaticano
Mercoledì delle Tempora di settembre Santa Maria Maggiore
Venerdì delle Tempora di settembre Santi XII Apostoli
Sabato delle Tempora di settembre San Pietro in Vaticano

Dopo il Concilio Vaticano II

Il Messale Romano menziona la messa stazionale senza relazione sia alle «stazioni» romane sia al tempo di Quaresima:

"Particolare importanza si deve dare a quella concelebrazione in cui i presbiteri di una diocesi concelebrano con il proprio vescovo nella Messa stazionale soprattutto nei giorni più solenni dell'Anno liturgico, nella Messa dell'Ordinazione del nuovo vescovo diocesano o del suo coadiutore o ausiliare, nella Messa crismale, nella Messa vespertina «Cena del Signore», nelle celebrazioni del santo fondatore della Chiesa locale o del patrono della diocesi, negli anniversari del vescovo e infine in occasione del sinodo o della visita pastorale".[83]

A partire dall'edizione del 1984, il Caeremoniale Episcoporum (Cerimoniale dei Vescovi) descrive la messa stazionale.[84] Le precedenti edizioni, a partire dalla prima (dell'anno 1600), parlavano invece della Messa pontificale, [85] di carattere diverso,[86][87][88] e che, ora sostituita nel Caeremoniale dalla messa stazionale,[89] si distingue tra l'altro per un "presbitero assistente", la celebrazione della Liturgia della Parola al trono, l'uso del "Canon Missae Pontificalis" e le insegne pontificali.[89][90]

L'attuale Caeremoniale Episcoporum, secondo cui la messa stazionale si distingue non per l'apparato cerimoniale, ma per la partecipazione di tutti i membri del popolo di Dio,[89] cita la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II, che dichiara: "Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c'è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri."[91] Quindi prescrive: "Ad essa siano convocati quanti più fedeli è possibile, i presbiteri concelebrino con il vescovo, i diaconi prestino il loro servizio, gli accoliti e i lettori esercitino le loro funzioni.[92]

La messa stazionale manifesta sia l'unità della Chiesa locale raccolta intorno al suo pastore sia la diversità dei suoi ministeri. Non prevede più un numero fisso e limitato di ministri, ma invita tutti i sacerdoti a concelebrare con il loro vescovo e diversi diaconi a esercitare il proprio ministero.[93]

La messa stazionale è da osservare soprattutto nelle maggiori solennità dell'anno liturgico, quali la messa del crisma, la Messa nella Cena del Signore, la celebrazione del santo patrono della diocesi, e l'anniversario dell'ordinazione episcopale del vescovo.[94] Deve essere cantata.[95]

Conviene che vi partecipino veri diaconi, distribuendo fra loro i vari ministeri. Devono essere almeno tre, uno che proclami il Vangelo e presti servizio all'altare e due che assistano il vescovo.[96] In mancanza di veri diaconi, alcuni loro compiti vengono svolti da presbiteri, mai rivestiti dei paramenti diaconali, ma sempre da quelli sacerdotali, e che devono concelebrare la messa.[97] Se si celebra nella cattedrale, conviene che concelebri con il vescovo l'intero capitolo dei canonici, se esiste, senza però escludere la partecipazione di altri presbiteri.[98]

Come in altre occasioni di particolare solennità, per esempio nel conferimento degli ordini, nella benedizione dell'abate e della badessa e nella dedicazione della chiesa e dell'altare, il vescovo può indossare, sotto la casula la dalmatica, che può essere sempre bianca, oltre cioè alle altre sue insegne.[99]

Messa stazionale in Irlanda

In alcune parti rurali dell'Irlanda si chiama "messa stazionale" (in inglese station Mass) quella che ancora oggi si celebra nelle case a turno con partecipazione dei vicini, che poi vengono invitati a tavola.[100]

Note

  1. ^ a b c Arisi, op. cit., p. [29]
  2. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 119; cfr. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 41.
  3. ^ (FR) Louis Duchesne, Origines du culte chrétien: Études sur la liturgie latine avant Charlemagne, Paris, 1920, pp. 171–172
  4. ^ a b c d e f g h Robert Francis McNamara, "Stational Church" in New Catholic Encyclopedia, vol. XIII, pp. 662-664
  5. ^ Pastore di Erma, LIV, 1–2
  6. ^ Il testo originale è: Νηστεύων καὶ καθήμενος εἰς ὅρος τι καὶ εὐχαριστῶν τῷ κυρίῳ περὶ πάντων ὧν ἐποίησε μετ’ ἐμοῦ, βλέπω τὸν ποιμένα παρακαθήμενόν μοι καὶ λέγοντα· Τί ὀρθρινὸς ὧδε ἐλήλυθας; Ὅτι, φημί, κύριε, στατίωνα ἔχω. Τί, φησίν, ἐστὶ στατίων; Νηστεύω, φημί, κύριε (Constantinus Tischendorf, Hermas Pastor Graece ex fragmentis Lipsiensibus instituta quaestione de vero Graeci textus Lipsiensis fonte, Lipsia, J. C. Hinrichs, 1856, pp. 35–36
  7. ^ a b Ad uxorem, liber II, IV, 1
  8. ^ De oratione, XIX, 5
  9. ^ a b c (EN) Henri Leclerq, "Station Days" in Catholic Encyclopedia, New York, 1912
  10. ^ a b Archdale Arthur King, Liturgy of the Roman Church, Longmans, Green and Company, 1957, p. 434
  11. ^ Il testo originale è: «Castra enim nobis sunt nostra ieiunia, quae nos a diabolica oppugnatione defendunt. Denique stationes vocantur, quod stantes et commorantes in eis, inimicorum insidias repellamus». Sermo XXI. De Quadregesima V, 1, PL 17, p. 666
  12. ^ In un altro sermone scrive sant'Ambrogio: «Ieiunia enim nostra mansiones quaedam sunt, per quae iter spiritualiter facientes, animae virtutibus ambulamus, diurno profectu repromissae nobis terrae viciniores efficimur». Sermo XIX. De Quadregesima III, 2, PL 17, col. 662
  13. ^ De oratione, XIX, 5
  14. ^ a b "Roma" in Enciclopedia italiana, capitolo "Roma medievale"
  15. ^ M. A. R. Tucker e Hope Malleson, Handbook to Christian and Ecclesiastical Rome, London, British Museum, Londra, 1900 citato da Shawn Tribe, "The Stational Liturgies of the Roman Church" in Liturgical Arts Journal
  16. ^ Il testo di Ugonio è riprodotto in Historia delle Stationi di Roma, Roma, 1588, sezione "Breve discorso generale intorno le Stationi", ma senza numerazione delle pagine.
  17. ^ Le «stationes» quaresimali nella tradizione della Chiesa, su vatican.va. URL consultato il 14 marzo 2014.
  18. ^ "'Statio' came finally to denote a solemn liturgy celebrated by the Pope or his delegate, either in one of the basilicas or, with the growing cult of the martyrs, in a cemetery": Archdale Arthur King, [Liturgy of the Roman Church], Longmans, Green and Company, 1957, p. 434]
  19. ^ (EN) Shawn Tribe, "The Stational Liturgies of the Roman Church" in Liturgical Arts Journal, 8 marzo 2019. Il testo è: «Whatever the origins of the term, the meaning of "station," as it came to be used, came in reference to "a solemn liturgy celebrated by the Pope or his delegate, either in one of the basilicas or, with the growing cult of the martyrs, in a cemetery" (Archdale King, Liturgy of the Roman Church, Appendix VIII)».
  20. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 517
  21. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 517-521
  22. ^ a b Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 518
  23. ^ John F. Romano, The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo, p. 71
  24. ^ Messale Romano, 3ª edizione 2020, p. 68
  25. ^ «Nei primi secoli, quando la vita religiosa era concentrata prevalentemente nella città episcopale, tutti i fedeli dovevano assistere alla Messa del Vescovo. S. Ignazio e S. Giustino, fin dal II sec. lo dichiarano espressamente. Tuttavia, dappoiché si rese necessario fondare delle chiese rurali a notevole distanza dalla Chiesa madre, il Vescovo vi delegò dei sacerdoti.» Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-111
  26. ^ a b Arisi, op. cit., p. [65]-[66]
  27. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 178
  28. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 194
  29. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 125
  30. ^ a b Weigel, op. cit., 2013, p. 7
  31. ^ a b Olof Brandt, Le Stazioni quaresimali: Papa Sisto V riparte da Santa Sabina, ACI Stampa, 14 febbraio 2018
  32. ^ a b Il testo di Pompeo Ugonio, Historia delle stationi di Roma che si celebrano la Quadragesima, cap. Mercordì à Santa Sabina, f. 10r-11r
  33. ^ Gregory Martin, Roma Sancta (1581), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1969, p. 48
  34. ^ a b c Weigel, op. cit., 2013, p. 8
  35. ^ Raccolta di orazioni e pie opere per le quali sono concedute dai Sommi Pontefici le S. Indulgenze, Ottava edizione, Roma, 1834, pp. 397–407
  36. ^ Traduzione inglese
  37. ^ (EN) Jean Baptiste Bouvier, A Dogmatical and Practical Treatise on Indulgences, Dublin, 1839, p. 164
  38. ^ Marco Roncalli, Giovanni XXIII, Lindau, 2012, p. 574
  39. ^ a b (EN) Shawn Tribe, "The Stational Liturgies of the Roman Church" in Liturgical Arts Journal
  40. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 124
  41. ^ Jean Mabillon, Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis, Parigi, 1689, vol. 2, pp. xxxiii–xxxiv
  42. ^ Lucien Deiss, The Mass, Liturgical Press 1992, p. 51
  43. ^ Gilbert Huddleston, "Pope St. Gregory I ("the Great") in Catholic Encyclopedia, New York, 1909
  44. ^ John F. Romano, The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo, p. 72
  45. ^ Martin Klöckener, "Ordo Romanus Primus" in Religion Past and Present, BRILL, 2011
  46. ^ John F. Romano, "The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo", p. 72
  47. ^ a b Josef A. Jungmann, The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia), Benzinger, 1951, pp. 67–74
  48. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, pp. 132-135
  49. ^ Non veniva cantato nei tempi penitenziali.
  50. ^ Edward Godfrey Cuthbert, Frederic Atchley, Ordo Romanus Primus, Londra, De La More Press, 1905, pp. 122–130
  51. ^ Jean Mabillon, [https://books.google.fr/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis, Parigi, 1689, vol. 2, pp. 3–16
  52. ^ James W. McKinnon, The Advent Project: The Later Seventh-Century Creation of the Roman Mass Proper, University of California Press, 2000, p. 59
  53. ^ Iain Fenton, Early Music History: Studies in Medieval and Early Modern Music, Cambridge University Press, 2009, p. 232
  54. ^ Ordo Romanus Primus, pp. 130–132
  55. ^ Ordo Romanus Primus, pp. 132–136
  56. ^ Denis Crouan, The History and the Future of the Roman Liturgy, Ignatius Press, 2005
  57. ^ a b Ordo Romanus Primus, p. 138
  58. ^ a b Ordo Romanus Primus, p. 140
  59. ^ (EN) Josef A. Jungmann, The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia), Benziger, 1951, pp. 303–311
  60. ^ Ordo Romanus Primus, pp. 140–142
  61. ^ Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento, perché sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale Romano tridentino fu cambiata in "Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam" (Josef A. Jungmann, The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia), Benziger, 1951, pp. 315–316).
  62. ^ Ordo Romanus Primus, pp. 142–144
  63. ^ Ordo Romanus Primus, pp. 144–146
  64. ^ Ordo Romanus Primus, Londra, 1905, p. 148
  65. ^ Biblioteche piemontesi on line}
  66. ^ Francesco Arisi, Il Messale romano festivo, 2ª edizione, Torino, 1947, p. [29]
  67. ^ Ordo Romanus Primus, p. 126
  68. ^ Arisi, op. cit., p. [37]
  69. ^ (EN) Shawn Tribe, "The Stational Liturgies of the Roman Church" in Liturgical Arts Journal, 8 marzo 2019, che cita "Archdale King, Liturgy of the Roman Church, Appendix VIII"
  70. ^ (EN) Shawn Tribe, "The Stational Liturgies of the Roman Church" in Liturgical Arts Journal, 8 marzo 2019, che cita A. Croegaert, The Mass: A Liturgical Commentary, vol. 1, pp. 85-94
  71. ^ La Messa letta è la forma meno solenne della Messa tridentina, celebrata da un solo sacerdote, che legge tutte le parti che nella Messa solenne sono cantate.
  72. ^ Giovanni Diclich, Dizionario sacro liturgico. Tipografia Testa, 1837. vol. II, p. 144 (voce "Patena")
  73. ^ (EN) Shawn Tribe, Liturgical Variations in the Most Unlikely of Places: The Paten in Liturgical Arts Journal, 18 febbraio 2018
  74. ^ (EN) Josef A. Jungmann, The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia), Benziger, 1951, vol. II, p. 303
  75. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 204-206
  76. ^ Lucien Deiss, The Mass, Liturgical Press, 1992, p. 50
  77. ^ Jozef Lamberts, With One Spirit: The Roman Missal and Active Participation, Liturgical Press, 2020, p. 96
  78. ^ Sacrosanctum Concilium, 50
  79. ^ La lettura dell'ultimo Vangelo si è diffusa nel XIV e XV secolo come atto di devozione privata del sacerdote, mentre tornava in sagrestia. La lettura all'altare è stata introdotta con il Messale del 1570. Vedi Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 446
  80. ^ « [...] the Concilium (sic) that implemented these reforms relied far less on the station church/Lenten liturgy nexus in fashioning the Roman Missal of 1970 than had the Missal of Pope St. Pius V», Weigel, op. cit., 2013, p. 8
  81. ^ La chiesa fu demolita nel 1746, ma la messa stazionale era già stata trasferita a Sant'Agostino dalla fine del XV secolo. Vedi D. Gaspar Lefebvre, Messale Romano, Torino, 1936, p. 318
  82. ^ La chiesa fu demolita nel 1491 per ampliare la basilica di Santa Maria in Via Lata, ove la stazione fu trasferita. Vedi Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma, 1891, p. 476-477 e D. Gaspar Lefebvre, Messale Romano, Torino, 1936, p. 492
  83. ^ Ordinamento Generale del Messale Romano, 203
  84. ^ Caeremoniale Episcoporum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1984, pp. 41–51]; traduzione italiana da scaricare, pp. 26–35
  85. ^ Per esempio, l'edizione 1886 (LA) Caeremoniale Episcoporum, 1886 (PDF), su ceremoniaire.net. URL consultato il 15 ottobre 2021. e l'edizione 1752 (FR) Caeremoniale Episcoporum, 1752 (PDF), su ceremoniaire.net. URL consultato il 15 ottobre 2021.
  86. ^ Sven Conrad, Liturgischer Akt oder liturgische Feier? Zur Theologie der außerordentlichen Meßform im Licht der Gnadenlehre und des Konzilsdekrets» Presbyterorum ordinis« in Una Voce-Korrespondenz, primo trimestre 2013, p. 41
  87. ^ (ES) Piero Marini, La liturgia a la luz de su reforma, Centre de Pastoral Litúrgica, 2019, p. 11
  88. ^ Gianluca Biccini, Celebrazioni eucaristiche sempre più curate e partecipate, L'Osservatore Romano, 26 aprile 2008]
  89. ^ a b c Michael Buchberger, Walter Kasper, Konrad Baumgartner, Lexikon für Theologie und Kirche, Herder, 1983, volume 8. p. 417
  90. ^ Canon Missae Pontificalis, Typographia Vaticana, 1729
  91. ^ Sacrosanctum Concilium, 41
  92. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 119
  93. ^ (ES) El obispo y la liturgia diocesana, Cuadernos Phase, aprile 1994, p. 31
  94. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 120
  95. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 121
  96. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 122
  97. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 22 e 122
  98. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 123
  99. ^ Cerimoniale dei Vescovi, 56
  100. ^ (EN) The Station Mass

Bibliografia

  • Francesco Arisi, Il Messale romano festivo, 2ª edizione, Torino, 1947, pp. [29], [34], [37], [65]-[66].
  • D. Gaspar Lefebvre, Messale Romano, Torino, 1936, pp. 114–116
  • Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, pp. 114-143 ISBN 88-384-3113-2
  • (EN) George Weigel, Elizabeth Lev, Roman Pilgrimage: The Station Churches, New York, Basic Books, 2013, ISBN 978-1482930269

Voci correlate

Collegamenti esterni

  • (EN) Station churches, su mostholyname.org. URL consultato il 27 settembre 2010 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2010).
  • Le stazioni quaresimali sul sito della Pontificia accademia Cultorum martyrum
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