Teoria delle classi politiche

Versione del 27 dic 2019 alle 00:49 di Consbuonomo (discussione | contributi) (L'elitismo democratico: separazione dell'enunciazione della teoria dal flusso che ne nacque)

Gaetano Mosca, professore di diritto pubblico, studioso di scienza politica e senatore del Regno d'Italia, fu il caposcuola di quella teoria filosofica che da lui è stata denominata dottrina della classe politica, che nel XX secolo ha conosciuto ampia fortuna come dottrina elitistica.

L'elitismo teorico

In accordo con le teorie elitistiche, Mosca sostiene che, indipendentemente dalla forma istituzionale (es: monarchia, aristocrazia, democrazia, etc), il potere è sempre in mano a una minoranza, in rapporto osmotico con altre minoranze che aspirano ad esso.

Ma per Mosca questa lotta per il potere politico non avviene tra più gruppi diversi per pensiero o per censo, ma tra due tipologie così individuabili[1]:

  • quella che detiene il potere che Mosca chiama "materiale" (ovvero la "classe burocratica", che detiene il potere coercitivo);
  • quella che detiene il potere "intellettuale".

Chi detiene il potere "intellettuale" aspirerebbe ad ottenere quello "materiale".

A sua volta, chi detiene il potere "materiale" necessita giustificarlo "mercè il sussidio di qualcuna almeno delle forze intellettuali o morali", e quindi mediante compromessi e concessioni al gruppo "intellettuale".[1]

L'insieme di questi due gruppi viene da lui definita come "classe politica".

In sintesi, secondo Mosca in ogni sistema politico è possibile individuare:

  • Una "classe politica". Mosca la definisce come "l'insieme delle gerarchie che materialmente e moralmente dirigono una società".[2]
  • Una "formula politica". Mosca la definisce come "la dottrina o le credenze che danno una base morale al potere dei dirigenti".[2]

La regola fondamentale proposta dalla "Teoria della classi politiche" di Mosca è che alla modifica della "formula politica" consegue una modifica dell'organizzazione della classe politica.[2]

In altre parole, qualunque sistema politico si basa su di un consenso di fondo. Quando questo decade, ne consegue prima di tutto una modifica della "formula politica", atta ad un nuovo consenso. Parallelamente, avverranno adeguamenti sia nella composizione dei gruppi intellettuali e burocratici che formano la classe politica, sia nella sua forma organizzativa.

Da questa regola deriva anche una conseguenza storicista. Dice Mosca "È impossibile studiare la storia delle dottrine politiche senza studiare contemporaneamente quella delle istituzioni politiche".[2]


«Se si spogliano della terminologia antidemocratica, gli ultimi capitoli degli Elementi di scienza politica di Mosca si può dire costituiscano la prima formulazione dell’élitismo democratico [...] nella prospettiva, comune al Pareto, che la circolazione delle élites possa evitare catastrofi o cataclismi sociali»[3].

Guido Dorso, agli elementi di novità enunciati dalla teoria di Mosca, aggiunge un terzo, ovvero il «dovere sociale» per la minoranza dirigente di «saper coordinare i suoi interessi particolari a quelli generali»: «ciò significa che deve dirigere la collettività, e non i propri affari o i propri particolari interessi»[4].

Nella scia del Mosca si situa perciò "quel che weberianamente è stato definito da Filippo Burzio, in Politica demiurgica (1923), il «politeismo delle élites», che richiama il tema paretiano della «circolazione delle élites» scandito dal Dorso nella lotta politica tra i partiti di governo e di opposizione, allorché recepisce dalla «ferrea legge dell’oligarchia» di Michels la consapevolezza della «funzione specifica dei partiti nell’elaborazione della classe politica», «gli unici strumenti attraverso cui la lotta politica può organizzarsi». È d’ascendenza paretiana la considerazione che «oligarchie reggono la politica, l’economia, perfino la cultura umana; ed esse [...] sono addirittura elette, fino a quando coincidono con l’interesse della collettività, contribuiscono al benessere collettivo, adempiono, cioè, una funzione sociale». Tutto ciò accade perché «democrazia» significa che «il potere politico è nelle mani del popolo non direttamente (perché è assurdo), ma indirettamente attraverso una classe politica di governo controllata da una classe politica di opposizione selezionata attraverso la formula democratica»"[5].

Note

  1. ^ a b Gaetano Mosca, Storia delle Dottrine Politiche, Roma, Laterza, 1983. , Cap.1, Par.1
  2. ^ a b c d "Storia delle dottrine politiche", cap.[1], par.1 "Rapporti necessari fra lo studio delle dottrine politiche e quello delle istituzioni politiche".
  3. ^ V. de Caprariis, Le «élites» e la democrazia, in «Nord e Sud», 1962, p. 26.
  4. ^ G. Dorso, Dittatura, classe politica, classe dirigente, a cura di C. Muscetta, Torino, Einaudi, 1949, p. 133.
  5. ^ Sabino Cassese (a cura di), Lezioni sul meridionalismo. Nord e Sud nella storia d'Italia, Bologna, Il Mulino, 2016, pp. 221-223.

Bibliografia

  • Norberto Bobbio, La teoria della classe politica negli scrittori democratici in Italia, in Le élite politiche, Laterza, Bari 1961,

Voci correlate