Arte sacra

arte che rappresenta tematiche religiose

Per arte sacra non si intende qualunque opera artistica che rappresenti un soggetto religioso, ma è definita “arte sacra”, l’arte le cui stesse forme riflettono la visione spirituale propria di una data religione.[1]

Caratteristiche dell'arte sacra

Ogni arte sacra si basa su una scienza delle forme, o ancora meglio, sul simbolismo inerente alle forme. Ma come dice Titus Burckhardt:[2]

«...un simbolo non è semplicemente un segno convenzionale, esso manifesta il suo archetipo in virtù di una certa legge ontologica»

L’arte sacra non ha come obiettivo quello di trasmettere delle impressioni o evocare emozioni, essa è un simbolo, ed è per questo che si serve di mezzi semplici e primordiali. Secondo Rodolfo Papa (presidente dell’Accademia Urbana delle arti, storico d’arte), l’arte è una delle discipline che evolve l’uomo e si distinguono due tipi di arti: arti liberali e le arti meccaniche. Le arti liberali sono le arti teoriche che non implicano un lavoro fisico come la poesia, mentre le arti meccaniche sono le arti che richiedono il lavoro manuale, come per esempio la scultura e la pittura. Ma questa distinzione è stata superata nel Rinascimento. Un'altra distinzione che è stata presa in considerazione è tra le arti utili e le arti belle. Le arti utili sono rivolte a mezzi pratici, mentre le arti belle sono finalizzate alla bellezza. Ed è proprio nelle arti belle che si colloca l’arte religiosa, e al vertice dell’arte religiosa si individua l’arte sacra, in quanto è la bellezza dell’arte che esprime la bellezza del creato, del creatore e quindi di Dio. La rappresentazione primaria dell’arte sacra per i popoli, era la costruzione di un santuario, la cosiddetta casa dello spirito divino. In senso spirituale, il santuario si pone al centro del mondo:[3]

«...in tal luogo l’uomo si sottrae all’indefinito dello spazio e del tempo, giacché qui e ora Dio è presente nell’uomo»

Questo si esprime al meglio nella forma del tempio dove la forma ordina lo spazio in rapporto al suo centro. Questa è per così dire la sintesi del mondo, in quanto tutto ciò che è in movimento nell’universo, l’architettura sacra la trasforma in forma permanente. Il tempio quindi rappresenta[3]

«...la perfetta compiutezza del mondo, il suo aspetto atemporale o il suo stato finale, in cui tutte le cose riposano dell’equilibrio che precede la loro reintegrazione nell’unità indivisa dell’Essere»

L’architettura del santuario implica anche un aspetto di sacrificio perché i materiali per la costruzione del tempio sono sottratti a ogni uso profano e offerti alla divinità. Tale sacrificio tende a compensare il sacrificio che c’è all’origine del mondo. In questo, e come in ogni sacrificio, il materiale sacrificato subisce una trasformazione qualitativa, viene assimilata a un modello divino. Ciò risulta anche nell’edificato del santuario. Esempio noto: Tempio di Gerusalemme per opera di Salomone secondo il piano rivelato a David. La forma rettangolare o cubica del santuario sta ad esprimere la legge definitiva e immutabile, in contrapposizione alla forma sferica del cielo che è indefinita e sottratta ad ogni misura. Tutti questi fondamenti dell’arte sacra si ritrovano nelle diverse tradizioni religiose, in maniera diversa: Induismo, Cristianesimo, Islamismo, Buddismo, Taoismo ed Ebraismo. Ovviamente, definendo che ogni religione presenta una spiritualità differente, anche le loro manifestazioni artistiche saranno differenti e rispecchieranno il loro stile. Ma innanzitutto, abbiamo una differenza generale tra l’arte sacra orientale e quella occidentale.[4]

Arte orientale

Nell’arte figurativa orientale l’immagine di Cristo deve essere realizzata attraverso una tecnica rigorosa tramandata nei secoli, per questo motivo le icone orientali non mutano mai nello stile. Le icone, grazie alla loro materia, hanno la capacità di riflettere la gloria di Dio. La luce di Dio traspare dai colori. L’osservatore, infatti, attraverso la visione, entra in contatto diretto con Dio. Questa concezione è il risultato di una lunga lotta avvenuta tra il 726 e l’843 (VIII secolo). In questi anni venne condotta, dalla corte imperiale di Costantinopoli, una dura opposizione contro le immagini. Ma a sostegno delle icone c’erano soprattutto le comunità monastiche che sottolinearono il legame che c’è tra fede e arte, e la necessità di rappresentare Cristo nelle sue due nature: umana e divina.[5]

Induismo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Induismo.

Secondo la tradizione indù, l’arte sacra è di origine angelica, perché ogni opera d’arte sulla terra è realizzata imitando l’arte dei deva. I deva corrispondono agli angeli e non sono altro che[6]

«...funzioni particolari dello Spirito universale, volontà permanenti di Dio»

Secondo questa tradizione, l’arte sacra dovrebbe imitare l’arte divina, non copiandola, ma bensì imitando la maniera in cui opera lo spirito divino. Anche per l’architettura sacra dell’India, il santuario è un elemento importante, e lo è ancor di più la sua forma. Per l’induismo la forma quadrata indica l’immutabilità del principio, mentre il cerchio indica, in contrapposizione al quadrato, il movimento indefinito del cosmo. Per tali ragioni il quadrato esprime una realtà superiore rispetto a quella rappresentata dal cerchio, in quanto la natura permanente e immutabile del principio trascende la causalità cosmica. Ma nell'architettura sacra è anche presente la “cristallizzazione” delle grandi misure del tempo, che nella tradizione indù e prefigurata dall'impianto dell’altare vedico, il cui cubo formato da tanti mattoni, rappresenta il corpo di Prajapati. Egli è un essere cosmico totale, immolato dai deva all'origine del mondo, le sue componenti rappresentano i vari aspetti o parti del cosmo, e devono essere simbolicamente ricongiunte. Nella sua essenza, Prajapati non è altro che Purusa, colui che fu sacrificato dai deva all'origine del mondo per formare le diverse parti del cosmo e le diverse specie di esseri viventi. Quindi ogni sacrificio compensa in qualche maniera il sacrificio iniziale dei deva. Secondo il rito per ricomporre spiritualmente le varie parti dell’esistenza, il sacrificatore si identifica con l’altare che ha costruito a immagine dell’universo e, secondo le misure del proprio corpo, si identifica con l’animale sacrificale che lo sostituisce in virtù di certe qualità, e il suo spirito si identifica con il fuoco che reintegra l’offerta nell'infinitezza del principio. L’altare del sacrificio, l’area sacra che contiene l’altare stesso e il fuoco, sono tutti chiamati Agni, dove, secondo il mito, Agni è il figlio di Prajapati e di tutti gli esseri sorti da lui. Egli risorge in ogni opera sacrificale e, quando abbraccia il cosmo, Prajapati entra in lui diventando Agni Vaisvanara, cioè l’uomo universale, la sintesi di tutti gli esseri viventi. Per quanto riguarda la struttura, l’analogia tra universo e altare del sacrificio viene rappresentata dal numero e dalla disposizione dei mattoni che costituiscono l’altare. Mentre l’analogia tra l’altare e l’uomo è rappresentata dalle proporzioni dell’altare, che è stato realizzato proprio in base alle dimensioni del corpo umano. Infatti il lato della base corrisponde alla lunghezza di un uomo a braccia allargate, i mattoni misurano un piede. Invece l’analogia tra uomo e vittima sacrificale viene rappresentata da un uomo d’oro murato nell'altare con la testa rivolta verso oriente. Nel recinto sacrificale coperto sono presenti tre altari, ciascuno indica l’insieme dei mondi manifesti: il primo altare è collocato a est e rappresenta la terra o lo stato corporale ed ha forma rotonda, il secondo altare posto a ovest simboleggia l’atmosfera o lo stato sottile ed è a forma di mezzaluna, mentre il terzo, posto a sud, rappresenta il cielo o lo stato sovra formale, e ha forma quadrata.[7]

Islam

  Lo stesso argomento in dettaglio: Islam.

Anche per l’Islam, Dio è un’artista.[8]

«L’arte divina è anzitutto la manifestazione dell’unità divina nella bellezza e regolarità del cosmo.Risalire dalla bellezza del mondo all'unità, questa è la saggezza»

Ed è proprio per questo motivo che per il musulmano l’arte è fondata sulla saggezza, o sulla scienza, che non è altro il deposito della saggezza stessa. Lo scopo dell’arte è quello di aiutare lo spirito a distaccarsi dalle cose per risalire verso l’infinito. Ma l’Islam pone il divieto di rappresentare Dio, in quanto esso non può essere rappresentato, essendo astratto. L’unica eccezione è l’immagine piena come arte profana che però non rappresenti né Dio e né il viso del profeta. Anche nelle moschee non c’è alcuna immagine che rappresenti Dio, questo però può avere un aspetto positivo perché sottolinea la trascendenza di Dio che è assoluta e non può essere paragonato. Ma ha anche un aspetto negativo perché si elimina una “presenza” che[9]

«rischia di contrapporsi a quella invisibile di Dio e, a causa della imperfezione di ogni simbolo, di essere una fonte di errori»

Questo rifiuto della rappresentazione figurata naturale, non è dato dal Corano, ma bensì dall'artista islamico stesso, il quale non vuole sostituirsi a Dio nel tentativo di imitare le forme naturali. [10].

Secondo il pensiero musulmano l’immagine dell’arte figurativa sposta un ordine di realtà in un altro. Soluzione a tutto ciò è la saggezza che pone ogni cosa al loro posto. Ma nell'arte figurativa si traduce nell'idea che ogni creazione artistica deve seguire e rendere accessibile le leggi della sua sfera di esistenza. Per esempio nell'architettura, grazie alla forma regolare del cristallo, viene espresso l’equilibrio statico e lo stato perfetto dei corpi immobili. Una creazione tipica dell’Islam è l’arabesco, dove, come dice Burckhardt[11]

«il genio geometrico si combina con il genio nomade»

Esso è un modo per fare arte, senza riprodurre l’immagine, o più precisamente, di dissolvere l’immagine. L’arabesco costituisce una specie di dialettica dell’ornamento che implica due elementi fondamentali: il primo è l’intreccio, che si ricollega alla speculazione geometrica, il secondo elemento è il motivo vegetale che è una specie di grafica del ritmo, composta da forme a spirale.[12]. Per l'artista islamico, l'arte non era un dono ma una conoscenza da acquisire. Le opere erano anonime, in quanto l'artista stesso era in secondo piano rispetto all'opera, che invece era il risultato finale e ciò che contava maggiormente. Lo scopo dell'artista era il conseguimento della bellezza. Questo deriva dal Corano che dava importanza alla bontà e alla verità e enfatizzava i Begli Atti. Ma anche dai novantanove Sacri Attributi di Dio che in arabo sono detti i Più Beli Nomi di Dio. L'arte islamica, inizialmente, lavorava con tecniche e vecchi motivi conosciuti dai loro predecessori semiti, bizantini e sassanidi. Nei secoli seguenti il mondo musulmano, rimase la sola cultura in stretto contatto con le altre civiltà e le altre culture.[13].

Taosimo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Taoismo.

Secondo il taoismo, l’arte divina è l’arte delle trasformazioni, in quanto è la natura intera che si trasforma secondo le leggi del ciclo. Infatti l’obiettivo dell’arte è proprio conformarsi a questo ritmo cosmico.[5]

«In tutte le religioni l’artista supremo è Dio. Nella tradizione cinese taoista, invece, l’artista cinese che crea un’opera perfetta, è costretto a scomparire perché così può diventare partecipe dell’infinita creatività di Dio.»

[14]

Buddhismo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Buddhismo.

Il buddhismo invece applica la nozione di arte divina alla[8]

«...bellezza miracolosa e mentalmente inesauribile del Buddha»

anche se il buddismo evita ogni personificazione dell’assoluto. La bellezza del Buddha diffonde uno stato d’essere che nessun pensiero potrebbe circoscrivere. Questa bellezza viene rappresentata a lungo nell'immagine dipinta o scolpita del beato. L’arte buddista deriva dall'arte Indù, in particolare la forma del Buddha e il loto, entrambi con il significato di immensa calma dello spirito risvegliato a se stesso. Anche l’altare, che contiene l’immagine murata di un uomo d’oro posto su un disco d’oro, a sua volta posto su una foglia di loto, deriva dall'arte Indù, è un simbolo di Purusa (colei che è stata sacrificato per dare origine alle diverse parti de cosmo). Ma, nonostante ciò, il buddismo comunque differisce dall'induismo in quanto, mentre l’induismo vede le realtà divina in maniera oggettiva, perché si riflettono nella mente, il buddismo cerca l’essenza dell’uomo e delle cose in maniera soggettiva, cioè attraverso la realizzazione spirituale. Infatti il Buddha ritiene che essa non spiega l’origine del mondo o dell’anima, ma mostra la sofferenza e la via che ce ne libera. Per tale motivo, la religione buddista, non può far altro che rappresentare il Buddha nel suo aspetto umano. Esso, infatti, viene rappresentato spogliato da tutti i suoi attributi regali, seduto nella posa della meditazione, e tiene, nella mano sinistra la ciotola da mendicante, simbolo dell’abbandono del non-io, e con la mano destra tocca la terra per indicare il suo dominio spirituale su di essa. Viene rappresentato da tutti i segni della sua rinuncia al mondo. Il principale tema dell’arte buddista, quindi, è l’immagine del loto e quella del beato. L’immagine del loto rappresenta la manifestazione del Buddha umano, infatti il Buddha è chiamato “il gioiello nel loto”. Per il buddismo il loto è paragonato all'anima che passa da uno stato oscuro e informe, alla luce della coscienza.[15]

Arte occidentale

Nell'arte sacra occidentale, la caratteristica principale è l’uso della prospettiva lineare, cioè la convergenza di tutte le linee verso un unico punto centrale. Mentre la luce naturale ha il significato simbolico di luce divina che illumina la scena. I toni dei colori sono più intensi e, grazie alla luce divina, diventano più vivi.[5]

Cristianesimo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cristianesimo.

Secondo il cristianesimo Dio è artista in quanto ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Questa “immagine” però, con la caduta di Adamo, è andata pian piano sfumando perché, mentre Dio è un essere illimitato, l’uomo invece ha i propri limiti. Quindi per il cristianesimo l’immagine divina per eccellenza è la forma umana del Cristo. L’oggetto dell’arte cristiana è[16]

«...la trasfigurazione dell’uomo e del mondo, che dall'uomo dipende, mediante la loro partecipazione al Cristo»

L’arte cristiana è discontinua nello stile e nella sua qualità spirituale. Il cristianesimo, inizialmente, esigeva un’arte figurativa, quindi non poteva ignorare l’eredità artistica dell’antichità, per questo inglobò cenni di naturalismo. Mentre in Oriente non viene mai scissa l’arte sacra dall'arte profana, il cristianesimo ha sempre riconosciuto accanto all'arte sacra, un’arte religiosa dalle forme più o meno mondane. Ma l’arte sacra cristiana, principalmente, si ispira a due correnti: arte tradizionale delle icone e artigianato tradizionale. Per quanto riguarda l’immagine sacra delle icone si prende in considerazione l’immagine del Cristo e della Vergine. Essa è di natura teologica ed ha origini storiche e miracolose conforme alla natura del cristianesimo. Nei primi secoli del cristianesimo si tendeva a riservare l’arte figurativa. Ma successivamente, fu favorita l’arte religiosa e la resero addirittura necessaria. Per quanto riguarda, invece, la tradizione artigianale, essa è cosmologica perché, l’opera artigianale imita la formazione del cosmo e del caos, ed ha origine precristiane.[17]

«L’integrazione del simbolismo artigianale nel cristianesimo costituiva nondimeno una necessità vitale, in quanto la Chiesa aveva bisogno delle arti plastiche per rivestirsi di forme visibili e non poteva appropriarsi dei mestieri senza tener conto delle possibilità spirituali che essi implicano»

Per tale motivo, la sua visione delle cose non si riallaccia immediatamente alla rivelazione del Cristo. Il connubio tra la tradizione puramente cristiana e la cosmologia precristiana è caratterizzato dal simbolo del Cristo nelle catacombe. Tale simbolo era un monogramma costituito da una ruota a sei o otto raggi, formato dalle lettere X e P (chi e ro), presenti o da sole, o combinate con una croce. La ruota a sei raggi assomiglia alla croce a tre dimensioni, mentre la ruota a otto raggi corrisponde alla rosa dei venti. Per quanto riguarda il tempio, per il pensiero cristiano, è analogo al corpo del Cristo. Secondo alcuni liturgisti medioevali, la cattedrale corrisponde al crocifisso, dove, la testa viene rappresentata dall'abside orientata, le braccia si presentano rivolte verso il transetto, mentre il busto e le gambe sono presenti nella navata, il cuore invece corrisponde al luogo dell’altare maggiore. Infatti il luogo architettonico cristiano per eccellenza è la cattedrale. Le prime cattedrali furono costruite all'incirca nel XI secolo. Per quanto riguarda lo stile ci furono vari passaggi. Il primo fu uno stile prettamente romanico, quindi sobrio e imponente. Successivamente furono utilizzate forme architettoniche più slanciate verso l’alto e con ampie vetrate, e con ciò si passa allo stile gotico. In sintesi, l’arte cristiana si può considerare come la confluenza di tre concetti fondamentali: realismo, idealismo e simbolismo. Con il termine realismo si indica la concretezza storica della vita di Gesù, sottolineando la sofferenza che ha vissuto durante la passione. Con il termine idealismo, invece, si esprime la presenza di Dio nell'incarnazione, per ricordare che colui che soffre e muore martire è il vero vincitore. L’arte sacra ha anche diverse funzioni: si parla di funzione contemplativa proprio perché l’arte conduce alla contemplazione, si crea un dialogo di preghiera con Dio attraverso essa. Un'altra funzione è l’arte cristiana vista come strumento di memoria in quanto, grazie all'arte sacra cristiana, vengono tramandate le verità di fede mantenendole vive nei fedeli. Funzione di catechesi, perché l’arte è un ottimo mezzo per insegnare la religione, infatti grazie all'arte sacra l’uomo apprende più velocemente i concetti cristiani. Funzione decorativa, cioè l’utilizzo di tutto ciò che abbellisce un luogo o situazione, come: piante, fuori, frutta, uccelli, ecc. tutto ciò che è stato creato da Dio. Queste decorazioni attorno a Dio contribuiscono a rilevare la sua presenza. Viene utilizzato materiale prezioso: oro, argento, pietre preziose, per manifestare, attraverso la ricchezza, la presenza divina.[18]

Pittura sacra nel 600

Il seicento è stato il secolo della controriforma cattolica. In questi anni di idee controriformiste della chiesa, l’arte diventa il principale strumento per comunicare, perché, proprio grazie all'arte sacra che i pittori, scultori e architetti si pongono l’obiettivo si persuadere eretici e dubbiosi, riconducendoli alla dottrina cattolica. L’arte sacra si pone anche l’obiettivo di comunicare. Dato che le messe erano dette esclusivamente in latino, l’unico modo per la gente meno acculturata e analfabeta di comprendere i fondamenti della religione, era tramite l’arte sacra. I temi dell’arte sacra del seicento erano il sentimento, le passioni della gente comune. Questo per appunto far coniugare nell'arte l’idealismo, fatto di armonia, proporzione, decoro ecc. con il realismo. Per realismo, infatti, si intende che le figure del Cristo, della Madonna o degli apostoli, avevano come modello persone comuni: giovani inquieti, belle popolane, vecchi rugosi. Un esempio di pittura sacra del 600 è decisamente Caravaggio. Egli, nei suoi quadri, rappresentava la realtà così com'era. I modelli e le modelle erano rappresentare con tale verismo da sembrare quasi reali. Le sue due opere più importanti furono: “morte della Vergine” (1606) e “San Matteo e l'angelo”. Questo “realismo” di Caravaggio si diffuse in tutta Europa, grazie ai soggiorni di artisti stranieri nel nostro paese, ma anche grazie le opere dei caravaggisti italiani emigrati all'estero. Tra gli artisti spagnoli ricordiamo: Diego Velàzquez e Francisco de Zurbaràn. In Spagna, per tutto il 600, l’arte fu influenzata dall'intolleranza che la chiesa assunse. Infatti non vennero più rappresentate immagini che diffondevano gioia e felicità, ma il tema principale divenne il martirio dei santi, che suscitavano pentimento e sacrificio. Si era creata una nuova visione della religione basata soprattutto sul dolore e sulla mortificazione. Per rappresentare tale sofferenza, nei dipinti i colori si scurirono.[19]

Ebraismo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ebraismo.

Nella religione ebraica l’arte viene utilizzata come manifestazione diretta della presenza divina, infatti Dio stesso partecipa alla realizzazione artistica. Un esempio è quando Dio stesso diede a Salomone indicazioni per la costruzione del tempio. Grazie alle opere d’arte volute da Dio, viene sottolineato e interpretato il divieto divino di raffigurare immagini. Le prove di tale divieto da parte di Dio sono presenti proprio nella Bibbia. Questo divieto è dovuto al fatto che Dio è puro spirito e non ha similitudini con una realtà corporea, per questo non può essere rappresentato dall'uomo con alcuna immagine. Secondo S. Giovanni Damasceno, il divieto degli ebrei di non poter raffigurare la divinità nasce affinché non adorassero un’opera d’arte come se fosse una divinità. Tale interpretazione è stata anche provata da una scoperta avvenuta nel 1932 in Siria, dove è presente una sinagoga affrescata con figurazioni tratte dalla sacra scrittura risalenti alla metà del sec. III d.C.[5]

Rapporto tra arte sacra e mito

Uno degli scopi dell’arte sacra è il racconto del mito. Per “mito” si intende quelle storie che hanno come personaggi: esseri divini, eroi e dei. Esso rappresenta la storia sacra di una cultura, attraverso immagini collegate tra loro in racconti. Questi racconti, non solo vengono rappresentati attraverso l’arte sacra, ma anche tramite narrazioni, figurazioni, danze e molto altro. Tra le storie sacre rappresentate ci sono: la nascita dell’universo e del mondo, la nascita degli dei, degli uomini, la nascita della struttura della natura ovvero come hanno avuto origine le stagioni, le fasi lunari, le specie animali ecc. “L’arte sacra propriamente detta riesce ad instaurare la contemporaneità tra l’evento mitico evocato e i fedeli che vi assistono e partecipano. Esso riesce a portare l’archetipo nel presente del fedele” (sito). Tra le opere greche e romane di vera arte sacra che ci sono giunte ci sono: suppellettili, statue e altri manufatti artistici che raccontato e rappresentano i miti, pur avendo perso la sacralità degli originali.[20]

Note

  1. ^ Titus Burckhardt.
  2. ^ Titus Burckhardt,  p. 6.
  3. ^ a b Titus Burckhardt, p. 13.
  4. ^ Titus Burckhardt, pp. 5-12.
  5. ^ a b c d Lydia Salviucci Insolera.
  6. ^ Titus Burckhardt,  p. 8.
  7. ^ Titus Burckhardt, pp. 13-17.
  8. ^ a b Titus Burckhardt, p. 10.
  9. ^ Titus Burckhardt, p. 92.
  10. ^ Storia On line,  Istituto italiano Edizioni Atlas.
  11. ^ Titus Burckhardt, p. 100.
  12. ^ Titus Burckhardt,  pp-92-100.
  13. ^ Storia On line,  Istituto italiano Edizioni Atlas.
  14. ^ Titus Burckhardt,  p. 10.
  15. ^ Titus Burckhardt,  pp. 110-115.
  16. ^ Titus Burckhardt, p. 9.
  17. ^ Titus Burckhardt, p. 42.
  18. ^ Titus Burckhardt,  pp. 41-48.
  19. ^ L'avvento della pittura sacra nei secoli.
  20. ^ Antonietta Zanatta, Storia dell’Arte tra Simbolo e Mito.

Bibliografia

  • Titus Burckhardt, L'Arte Sacra in Oriente e in Occidente, 2ª ed., Rusconi, 1990.

Collegamenti esterni