Piuttosto che: differenze tra le versioni
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'''Piuttosto che''' è un'espressione della lingua italiana che conosce, normalmente, un [[Avversazione|uso avversativo]] e [[comparativo]] ma, che, soprattutto a partire dagli [[anni 1990|anni novanta]] del [[XX secolo]]<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>, ha subito un'evoluzione [[Semantica lessicale|semantica]] "deviata"<ref name="O. Castellani Pollidori, 12"/> che ha visto l'affermarsi di una particolare modalità di utilizzo, appiattita sull'[[disgiunzione (linguistica)|uso disgiuntivo]], trasformatasi col tempo in fenomeno [[sociolinguistica|socio-linguistico]] diffusissimo<ref name="B. Severgnini, 20">[[Beppe Severgnini]], ''L'italiano. Lezioni semiserie'', 2007 (p. 20)</ref>, o addirittura "dilagante"<ref name="S. Bartezzaghi, 15"/>, nel quale gioca un certo ruolo una dose sottesa di esibito "[[snobismo]]"<ref name="O. Castellani Pollidori, 11">Ornella Castellani Pollidori, [http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-piuttosto-valore-disgiuntivo Sull'uso di ''piuttosto che'' con valore disgiuntivo], in «''La Crusca per voi''», aprile 2002, n° 24 (p. 11)</ref>.
La diffusione di tale uso porta spesso all'ascolto di [[comunicazione|comunicazioni]] nelle quali l'espressione ''piuttosto che'' assume, in alcuni contesti, il valore peculiare di correlativo disgiuntivo, con una forte tendenza a sostituire (oltretutto, in maniera prolissa<ref name="Antonelli, 37">[[Giuseppe Antonelli (linguista)|Giuseppe Antonelli]], ''L'italiano nella società della comunicazione'', [[il Mulino]], 2007 (p. 37)</ref>) la costruzione dell'incapsulamento ricorsivo retto della [[Congiunzione (grammatica)|congiunzione]] "o" (o "oppure"<ref name="B. Severgnini, 20"/>). Si tratta di frasi come "''penso che domani andrò al [[cinema]], piuttosto che al [[teatro]], piuttosto che al [[vernissage]]. Non ho ancora deciso''", in cui si lascia intendere che le opzioni enunciate siano alternative e poste sullo stesso piano in quanto a preferenza. Nell'uso normale, consolidato nella secolare [[Grammatica italiana|tradizione grammaticale]] della [[lingua italiana]]<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>, la frase andrebbe intesa, invece, in un senso avversativo o comparativo, in cui la prima ipotesi è preferita a tutte le altre. Anzi, la reiterazione del "''piuttosto che''" per due o più volte, come avviene nell'esempio citato, non sarebbe nemmeno consentita nell'[[Lingua standard|uso "standard"]] mentre, invece, è frequentissima nell'uso disgiuntivo di questa [[italiano neostandard|forma neo-standard]]<ref name="C. Bazzanella e M. Cristofori, 271">[[Carla Bazzanella]] e Mirella Cristofori, «''Piuttosto che'' e le alternative non preferenziali. Un mutamento in atto?», (1998), p. 271</ref>.
== Ambiguità semantica ==
La formulazione con "piuttosto che" risulta pertanto ambigua e necessita, per essere decifrata, che l'interlocutore interpreti la frase in relazione al contesto in cui essa viene formulata<ref name="C. Bazzanella e M. Cristofori, 275">[[Carla Bazzanella]] e Mirella Cristofori, «''Piuttosto che'' e le alternative non preferenziali. Un mutamento in atto?», (1998), p. 275</ref><ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/> (mentre nessun aiuto interpretativo proviene da differenze di intonazione, dal momento che nessun elemento prosodico sembra distinguere il significato "[[italiano neostandard|neostandard]]" da quello della [[lingua standard]]<ref name="C. Bazzanella e M. Cristofori, 271"/>. Il suo uso è pertanto deprecato, non perché sia contrario a usi consolidati, ma perché essa ingenera un'"[[ambiguità]] sostanziale" che mette a repentaglio la funzione fondamentale del linguaggio<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>. Tale ambiguità sostanziale è tanto più deprecabile nell'uso in ambiti settoriali, come [[Terminologia scientifica|quello scientifico]], in cui è cruciale la "congruenza e l'univocità" di lessico e [[terminologia]]<ref name="O. Castellani Pollidori, 12"/>.
== Origini e caratteristiche del fenomeno ==
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Si tratta di un fenomeno socio-linguistico che, da un punto di vista [[diamesia|diamesico]] nasce sicuramente dal linguaggio parlato, ma non germoglia da un terreno [[italiano popolare|comunicativo popolare]], bensì sembra essersi fatto strada da un ambito, probabilmente circoscritto, di ambienti agiati del settentrione d'Italia<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>. Al pari di altri malvezzi (come l'espressione [[assolutamente sì]]), un ruolo fondamentale nella sua diffusione si deve all'influenza esercitata sulla [[società di massa]] dai [[mezzi di comunicazione di massa|mezzi di comunicazione più diffusi]], divenuti, per la loro pervasività e l'impatto emozionale sulla [[società dei consumi]], i veri arbitri delle tendenze, dei tic e delle mode dell'[[Storia della lingua italiana|evoluzione dell'italiano]]<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>: infatti, una certa venatura di "snobismo" insita in questa espressione è stata prontamente e "golosamente intercettat[a]"<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/> dalle [[Conduttore televisivo|conduttori]] e [[giornalista|giornalisti]] del [[televisione italiana|mezzo televisivo]] o [[radio|radiofonico]] che l'hanno trasformato in un fenomeno virale, un vero e proprio [[tormentone]]: si può dire che non passi giorno senza che sia possibile ascoltarlo o leggerlo su giornali quotidiani o riviste<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>.
Gli effetti di questa influenza dei mass media, come spesso avviene con il mezzo televisivo, si sono dispiegati non solo sulle [[classe sociale|classi sociali]] culturalmente più deboli e meno avvedute<ref name="O. Castellani Pollidori, 11"/>. Da un punto di vista [[Diastratia|diastratico]] il parlante che ne fa uso appartiene, tipicamente, a una tipologia di "adulto colto" professionalmente inquadrabile come "impiegato/dirigente(docente", senza differenze in base al sesso<ref name="C. Bazzanella e M. Cristofori, 276">[[Carla Bazzanella]] e Mirella Cristofori, «''Piuttosto che'' e le alternative non preferenziali. Un mutamento in atto?», (1998), p. 276</ref>, mentre, dal punto di vista [[diafasia|diafasico]], l'uso non sembra fare distinzioni tra [[registro linguistico]] informale e formale<ref name="C. Bazzanella e M. Cristofori, 276">[[Carla Bazzanella]] e Mirella Cristofori, «''Piuttosto che'' e le alternative non preferenziali. Un mutamento in atto?», (1998), p. 276</ref>.
Sono probabilmente da classificare come una scia questo fenomeno, quei segni, che si avvertono sporadicamente, di un'analoga forma di appiattimento sul significato disgiuntivo che riguarda al congiunzione "anziché"<ref name="O. Castellani Pollidori, 12">Ornella Castellani Pollidori, [http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-piuttosto-valore-disgiuntivo Sull'uso di ''piuttosto che'' con valore disgiuntivo], in «''La Crusca per voi''», aprile 2002, n° 24 (p. 12)</ref>.
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==Bibliografia==
* [[Carla Bazzanella]] e Mirella Cristofori, «''Piuttosto che'' e le alternative non preferenziali. Un mutamento in atto?», in «''Cuadernos de Filología Italiana''», '''5''' (1998), pp. 267-278.
* [[Ornella Castellani Pollidori]] [http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-piuttosto-valore-disgiuntivo Sull'uso di ''piuttosto che'' con valore disgiuntivo], in «''La Crusca per voi''», aprile 2002, n° 24 (pp. 11-12).
* [[Stefano Bartezzaghi]], ''Non se ne può più. Il libro dei tormentoni'', [[Mondadori editore|Mondadori]], 2010 ISBN 978-88-04-61211-7.
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