Persa: differenze tra le versioni

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{{citazione|Lo senti, Persiano? Quando ti sarai messo in tasca il denaro preso da lui, fingi di andartene dritto dritto al tuo vascello.|T. Maccio Plauto, ''Persa''|Audin tu, Persa? ubi ab hoc argentum acceperis, simulato quasi eas prosum in navem.<ref>{{cita|Paratore|p. 95}}.</ref>|lingua=la}}
 
Il '''''Persa''''' (in italiano ''Il Persiano'') è una [[commedia]] di [[Tito Maccio Plauto]].
 
Il titolo della commedia deriva da una truffa messa in atto da Tossilo per affrancare l'amata Lemniselene: con l'aiuto dell'amico Sagaristione egli riesce a pagare il riscatto per l'amante, che viene recuperato dalla finta vendita della figlia del parassita, che successivamente reclama la fanciulla ai danni del lenone. In questo raggiro Sagaristione si veste da mercante di schiavi persiano ({{latino|Persa}}) ed è proprio questa caratteristica che dà il nome all'intera commedia.
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La commedia è quasi completamente incentrata su schiavi: il fatto che il servo coincida con il giovane innamorato e apra la commedia con un monologo personale tipico dell'''adulescens'' è una novità nella commedia antica, riscontrabile solamente nello ''Heros'' di [[Menandro]]. Questa cosa doveva provocare divertimento agli occhi degli antichi Romani, che non ritenevano uno schiavo da commedia in grado di sviluppare delicate relazioni amorose così come un giovane libero.<ref name=B258/> Altro motivo di ilarità doveva essere il linguaggio sottile e raffinato con cui lo schiavo parlava della sua storia. Per di più doveva suonare divertente che uno schiavo potesse ordire un complesso inganno e raggirare abilmente il lenone,<ref name=B258/> e addirittura comportarsi da ''[[patronus]]'' con Lemniselene, che tra l'altro è una [[Liberto|liberta]] non sua, ma di Dordalo.<ref name=B267/> La commedia, secondo alcuni studiosi, non possiede una trama di grande interesse e nemmeno trasmette alti valori morali, essendo finalizzata al puro divertimento:<ref>{{cita|Armeling|p. 14}}.</ref> questo è il motivo per cui non è stata replicata e non ha goduto di particolare fama.<ref>{{cita|De Melo|p. 444}}.</ref>
 
Il ''Persa'', secondo alcuni filologi, è il risultato dell'unione da parte di Plauto di due commedie precedenti, l'una riguardo al furto di denaro da parte di un servo (nel ''Persa'' Sagaristione) e l'una riguardo aòlaalla vendita fittizia di una fanciulla libera.<ref name=CC30>{{cita|Coulter|p. 30}}.</ref> Tuttavia, confrontandola con altre commedie plautine di cui si è sicuri riguardo alla composizione tratta da più originali, il ''Persa'' è molto breve e le due vicende sono strettamente collegate tra di loro.<ref name=CC30/> Anche il banchetto finale non deriverebbe da altre commedie greche, in quanto i personaggi mantengono lo stesso carattere che hanno mostrato negli atti precedenti presentando quindi un'uniformità.<ref name=CC30/>
 
==Datazione==
Come quasi ogni commedia plautina, nonostante ci siano dei problemi riguardo all'identificazione della data di stesura del testo, si ipotizza che ciò sia avvenuto intorno al [[190 a.C.]] dal momento che sono presenti molti riferimenti storici inerenti a questo periodo: ne sono un esempio quello del v. 100 al collegio degli ''[[Septemviri epulones|Epulones]]'', istituito nel 196 a.C., quello dei vv. 339-40 ai re [[Filippo II di Macedonia|Filippo II]] e [[Attalo I]], che si scontrarono nel [[197 a.C.]], e quello dei vv. 433-36, che sembrano alludere ai ludi (giochi) del 197.<ref name="cita|-Plauto"/> Inoltre si fa riferimento ad una parodia dell'Antiopa di [[Pacuvio]] comparsa nello ''[[Pseudolus]]'', altra commedia di plautina scritta nel [[191 a.C.]]: dato che questo poteva essere compreso solo da un pubblico che avesse già visto quella commedia, si pensa che il ''Persa'' sia stato composto dopo il 191 a.C. In generale, tenendo conto anche del fatto che i numerosi passaggi lirici del ''Persa'' sono tipici delle composizioni teatrali più tarde, si ritiene che la commedia sia una delle ultime scritte da Plauto.<ref>{{cita|De Melo|p. 448}}.</ref>
 
Basandosi su un punto in cui i Persiani vengono descritti come conquistatori, alcuni filologi come il [[Wilamowitz]] hanno pensato che l'originale greco da cui trasse ispirazione Plauto risalga ad un periodo anteriore all'avvento di [[Alessandro Magno]]<ref name=B263/> e appartenga alla [[commedia di mezzo]] greca, dal momento che per un greco dell'età ellenistica non era verosimile sentir parlare di una Persia ancora dominatrice, dopo la sua sconfitta da parte di Alessandro Magno.<ref>{{cita|Coulter|p. 28}}.</ref> Inoltre l'amore tra servi era un tema molto presente nelle commedie di [[Aristofane]], a differenza della commedia[[Commedia Nuovanuova]],<ref>{{cita|Coulter|p. 29}}.</ref> e in quest'ultima non si ritrovano personaggi fortemente delineati moralmente, come lo sciocco e ingenuo lenone Dordalo.<ref>{{cita|Coulter|p. 31}}.</ref> Tuttavia la ''[[contaminatio]]'' tipica di Plauto può aver modificato l'originale per motivi narrativi, per esempio per delineare nelle menti degli ascoltatori un oriente misterioso e ricco.<ref name=B263/> Anche la caratteristica del parassita-filosofo smentisce il Wilamowitz, in quanto caratteristica della [[commediaCommedia Nuova]]nuova.<ref>{{cita|Pasetti|p. 3}}.</ref>
 
==Personaggi==
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===Saturione===
Saturione, chiamato così per evidenziare la sua ingordigia (il nome deriva da "satur", cioè "pieno di cibo";<ref>{{cita|Armeling|p. 3}}.</ref> è chiamato anche Panciapiena),<ref name="cita|-Plauto">{{cita|Paratore}}.</ref> è il parassita simpatico e lo scroccone, che per cibo non esita a far finta di vendere la propria figlia per la realizzazione del piano di Tossilo.<ref name=B258/> Inoltre collabora in prima persona allo svolgimento di questo, quando si reca a reclamare sua figlia, venduta illecitamente, e minaccia di denunciare il lenone. Nonostante si metta a disposizione di Tossilo, però, Saturione, a differenza di altri personaggi analoghi nelle commedie plautine, non è stabilmente al servizio di un patrono in particolare.<ref>{{cita|Armeling|p. 19}}.</ref> Al contrario, nomina i suoi antenati e la patria potestà su sua figlia proprio come fanno, in altre commedie, i vecchi.<ref name=GG1/>
 
In un passo in cui Saturione afferma di non avere denaro e di possedere, alla maniera dei [[cinici]], solo un'ampolla, uno [[strigile]], una tazza, un paio di sandali, un [[Pallio (abito)|pallio]] e una borsa con pochi soldi, alcuni studiosi vedono un richiamo alla [[commediaCommedia Nuova]]nuova greca da cui prende ispirazione Plauto.<ref>{{cita|Pasetti|pp. 1-2}}.</ref> In quella, infatti, filosofi e parassiti erano personaggi molto simili, e nella trasposizione alla commedia latina le due maschere furono unificate, creando il personaggio di un parassita che si atteggia da filosofo e che, con le sue affermazioni da sapiente, crea il pretesto per delle situazioni comiche.<ref>{{cita|Pasetti|pp. 8-9}}.</ref>
 
In un altro punto Saturione promette alla figlia una ricca dote che consiste in un armadio pieno di libri di battute di spirito: secondo alcuni filologi, questo è un altro richiamo alla figura del parassita-filosofo. Infatti questi libri sarebbero alla base della "professione" del parassita, che, esibendo la sua sagacia e simpatia, si accaparra gli inviti a pranzo.<ref>{{cita|Pasetti|p. 13}}.</ref> L'elemento dei libri come unica fortuna del parassita è presente anche in altre commedie plautine e viene usato per sottolineare i cattivi costumi dei Greci, così come li pensavano i Romani dell'epoca.<ref>{{cita|Pasetti|p. 15}}.</ref>
 
===Figlia di Saturione===
La figlia di Saturione è una fanciulla saggia, [[moralista]], parla in modo forbito e soprattutto recita la parte dell'araba senza dire troppe bugie. EllaLei vorrebbe opporsi ai propositi del padre, per salvare la reputazione del padre e di sé stessa in vista di un matrimonio futuro.<ref name=H25/> Tuttavia, nella farsa con il lenone, risulta alquanto abile nell'elaborare risposte ambigue per non farsi scoprire dal ruffiano Dordalo.<ref name=B262/> Come con Sagaristione, anche in questo personaggio l'attore romano doveva compiere una doppia trasformazione: quella in un greco prima e quella in persiano poi. Con la figlia del parassita, a differenza di Sagaristione, sono presenti sostanziali differenze tra il ruolo di fanciulla greca e di schiava persiana.<ref name=M105/>
 
Dato che questa fanciulla rappresenta l'unico caso nella produzione di Plauto di figlia di un parassita e di donna libera che prende parte ad un inganno<ref name=H25/> e che nella sua figura coesistono i valori morali della donna libera e quelli della schiava astuta,<ref name=P17>{{cita|Pasetti|p. 17}}.</ref> alcuni storici ritengono che questo personaggio sia stato ampiamente modificato da Plauto rispetto al modello greco o che costituisca addirittura una invenzione totalmente plautina;<ref name=P17/> probabilmente nell'originale Saturione era un [[sicofante]], e in tal caso si spiegherebbe la presenza di una figlia.<ref name=L394>{{cita|Lowe|p. 394}}.</ref> Di certo l'autore, con questa combinazione di saggezza e astuzia, ha voluto creare un motivo di comicità<ref>{{cita|Pasetti|p. 21}}.</ref> che ben è esemplificato durante il colloquio con il lenone, quando la fanciulla elenca i mali morali per la città di Atene<ref>{{cita|Pasetti|p. 19}}.</ref> e riesce ad eludere le domande di questo senza mai mentire,<ref name=R>{{cita|Raia}}.</ref> giocando abilmente con i doppi sensi e con delle battute di spirito celate, così come fa suo padre Saturione.<ref name=F/> Al di là del fattore comico, tuttavia, che non è quello preminente nel personaggio,<ref name=H26>{{cita|Hardy|p. 26}}.</ref> la fanciulla è molto importante all'interno della commedia e di tutta la produzione plautina per la sua complessità, il suo pudore e il suo coraggio,<ref name=R/> in quanto combina la ragazza morale e la serva astuta, così come Tossilo incarna sia il servo che l'innamorato.<ref name=H25/>
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===Pegnio===
Pegnio, chiamato anche Giocarello,<ref name="cita|-Plauto"/> è il piccolo ''[[servus currens]]'' di Tossilo, impertinente e pestifero; ha un ruolo comico nella commedia essendo sempre il primo a creare le basi per un litigio e torna in scena durante il banchetto finale, dove è incaricato di servire il vino e coglie ogni occasione per beffeggiare il lenone; probabilmente questo personaggio non era presente nell'originale greco da cui trasse ispirazione Plauto, o comunque non aveva parti recitate: il commediografo latino quindi potrebbe averlo introdotto solo per creare delle occasioni di divertimento.<ref>{{cita|Hughes|p. 57}}.</ref> La sua arguzia lo fa avvicinare anche al personaggio del ''servus callidus''.<ref name=GG1/> Nonostante la bassa altezza e l'esile corporatura, è molto agile e acrobatico e riesce a sottrarsi ai goffi tentativi di percossa da parte di Dordalo.
 
==Trama==
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===Atto II (vv. 168-328)===
La prima scena inizia con Sofoclidisca, l'ancella di Lemniselene, che rassicura la padrona sulla sua preparazione circa la messinscena per liberarla. Quindi Sofoclidisca si allontana per andare a parlare con Tossilo riguardo al loro piano.
[[File:Vagrant musicians MAN Napoli Inv9985.jpg|thumb|left|Mosaico romano con musici ambulanti in una commedia, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]
 
Nella seconda scena si verifica tra Tossilo e il giovane Pegnio quello che era accaduto nella prima tra Lemniselene e la sua ancella: Tossilo fa delle continue raccomandazioni al ragazzo, che controbatte umoristicamente fino a quando Tossilo lo mette a tacere con una battuta oscena che allude all'usanza, impedita invero dalla legge romana, di costringere gli schiavi all'atto sessuale con i padroni. A questa insinuazione Pegnio risponde alludendo a sua volta a questa pratica e condannandola.<ref>{{cita|Bettini|pp. 260-261}}.</ref> A quel punto Tossilo rientra, mentre Sofoclidisca, mandata da Lemniselene dall'innamorato, si avvicina e incontra Pegnio, che si sta dirigendo dalla parte opposta. Dopo un momento di battute speculari, in cui la vicenda non procede a vantaggio delle battute comiche<ref>{{cita|Marshall|p. 102}}.</ref> e si assiste ad una contesa tra i due su chi sia più malizioso,<ref name=M103>{{cita|Marshall|p. 103}}.</ref> inizia un lungo scambio di insulti e battute salaci, che non vogliono confessare la loro destinazione, fin quando entrambi si accorgono delle tavolette, contenenti parole d'amore, che erano stati incaricati di recapitare ai due innamorati. Dopo un'altra sequenza composta da battute e controbattute, con un'allusione a sfondo osceno da parte di Sofoclidisca alla bellezza del giovane schiavo e alla necessità di servirsene per affrancarsi, i due confessano la loro destinazione e l'oggetto che stavano portando.
 
[[File:Vagrant musicians MAN Napoli Inv9985.jpg|thumb|left|Mosaico romano con musici ambulanti in una commedia, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]
 
Nella terza scena Sagaristione, con un'elaborata ed altisonante preghiera, ringrazia Giove per essere riuscito a racimolare i soldi necessari, sottraendoli al padrone che lo aveva mandato ad acquistare dei buoi al mercato. Lo schiavo si dimostra disposto ad essere percosso pur di accontentare l'amico.
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===Atto III (vv. 329-448)===
Nella prima scena Saturione spiega alla figlia la messinscena; questa, tuttavia, si mostra riluttante e desiderosa di mantenere alto il suo onore, pur nella povertà in cui vive. In questo modo ella si presenta come saggia e morale, anche se, al momento della compravendita di sé stessa, si svela molto abile nel recitare e nell'ingannare il lenone.<ref name=B262/> Saturione cerca di convincere la figlia, timorosa che la sua cattiva fama si diffonda e impedisca il suo matrimonio, ma accetta quando il padre lale assicura di possedere una consistente dote per darla in sposa. Questa scena, di per sé superflua dal punto di vista narrativo, in quanto si conclude con ciò che già lo spettatore si aspettava, potrebbe assumere valore se la si considera in relazione all'ipotesi che la fanciulla stesse vestendo un costume tragico.<ref name=H29>{{cita|Hardy|p. 29}}.</ref> In questo modo la scena si configurerebbe come il contrasto tra due generi teatrali, la tragedia e la commedia,<ref name=H29/> e riecheggerebbe la scena dell'[[Ifigenia in Aulide]], celebre tragedia di Euripide, in cui la figlia scongiura il padre di non ucciderla per il buon fine di una guerra.<ref name=H30>{{cita|Hardy|p. 30}}.</ref> Inoltre la fanciulla allude a possibili conseguenze tragiche della truffa, il che non poteva avvenire nella commedia latina.<ref name=H31>{{cita|Hardy|p. 31}}.</ref>
 
La seconda scena è un breve monologo di Dordalo che si chiede come abbia intenzione di fare Tossilo a racimolare i soldi per riscattare Lemniselene.
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Nella sesta scena Dordalo consegna il denaro a Sagaristione ma si trattiene due soldi, cioè il valore della borsa, mettendo in evidenza la sua avarizia. Quindi il finto persiano afferma di voler cercare suo fratello, schiavo nella città, per riscattarlo: al che Dordalo gli chiede il suo nome e, con astuzia, Sagaristione risponde con un [[#Espedienti comici|falso nome]] che racchiude in sé tutto il senso della commedia.
 
Nella settima scena Tossilo si congratula con Dordalo per il buon affare, ed il lenone lo ringrazia per averlo aiutato. Il servo si lascia scappare un "Aiutarti, io?", mettendo di nuovo a repentaglio la riuscita dell'imbroglio, ma riesce a non farsi scoprire. Approfittando di un momento in cui il lenone torna in casa, Tossilo richiama Saturione, padre della ragazza, perché venisse a reclamarla; quindi gli dà le indicazioni per agire. A questo punto i codici tràditi si dividono in due: alcuni inseriscono un verso, secondo cui Saturione avrebbe dovuto parlare mentre Tossilo sta conversando con Dordalo; altri invece non lo tramandano, cosicché Saturione avrebbe dovuto entrare in azione solo quando Tossilo si fosse allontanato. Probabilmente hanno ragione i secondi, in quanto sarebbe stato sciocco che Tossilo si fosse fatto trovare a portata del lenone mentre Saturione andava a riprendersi la figlia.<ref>{{cita|Bettini|p. 231}}.</ref> Anche questa scena venne modificata da Plauto rispetto all'originale, in quanto vi vengono richiesti quattro attori, anche se non tutti parlanti nello stesso tempo.<ref name="cita|-Lowe|p. 398-p398">{{cita|Lowe|p. 398}}.</ref>
 
Nell'ottava scena Dordalo torna da Tossilo, che era rimasto ad aspettarlo; quindi lo schiavo se ne torna a casa per incontrare Lemniselene.
 
Nella nona scena Saturione reclama la ragazza, come da accordi con Tossilo, minacciando di portare Dordalo in tribunale addirittura senza testimoni. Nel dire ciò Saturione utilizza una formula tipica che veniva usata nel citare qualcuno davanti ai giudici (''Ego te in ius invoco'', "Io ti cito in tribunale").<ref>{{cita|Bettini|p. 232}}.</ref> Anche questa scena probabilmente venne ampliata da Plauto, che inserì il pianto del lenone per accentuarne la comicità.<ref name="cita|-Lowe|p. 398-p398"/>
 
===Atto V (vv. 753-858)===
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'''R'''ifila per giunta a costui l'idea di comprare da un pirata una verginella da questo rapita,<br />
'''S'''ubornando la figlia del suo parassita perché reciti questa parte.<br />
'''A'''lla fine, sbronzandosi, sbeffeggia Dordalo caduto nella pania<ref name="cita|-Plauto"/> | Argumentum «Persa»
|'''P'''rofecto domino suos amores Toxilus<br />
'''E'''mit atque curat leno ut emittat manu;<br />
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*{{cita libro|cognome=Paratore|nome=Ettore|titolo=Plauto, le commedie, Persa, Poenulus, Pseudolus|editore=Grandi Tascabili Economici Newton|cid=Paratore}}
*{{cita pubblicazione|url=http://amsacta.unibo.it/2901/1/Persa_Pasetti.pdf|formato=PDF|nome=Lucia|cognome=Pasetti|titolo=Intellettuali nel Persa? Il parassita, sua figlia, e la "filosofia da commedia"|città=Bologna|cid=Pasetti}}
*{{cita pubblicazione|url=http://www.vroma.org/~araia/plautinewomen.html|titolo=Women's roles in Plautine comedy|lingua=en|nome=Ann R.|cognome=Raia|cid=Raia|data=1º ottobre 1983|urlmorto=sì}}
 
==Voci correlate==