Messa stazionale: differenze tra le versioni

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A [[Roma]] la messa stazionale celebrata dal papa serviva da modello a tutte le altre, che la riproducevano con la massima esattezza possibile, anche se erano celebrate con minore solennità e le funzioni svolte dai ministri della messa stazionale venivano concentrate in un numero minore di persone, fino al livello della [[messa bassa]] tridentina celebrata da un solo sacerdote servito da un solo ministro.<ref name="A29" />
 
Le altre messe celebrate a Roma non avevano la pompasolennità della stazionale, di quella grande assemblea liturgica alla quale si convocava tutto il clero e tutti i fedeli, addirittura presumendone la presenza. Ciò che distingueva la messa stazionale non era il rango episcopale, superiore a quello di un presbitero, perché abbastanza frequentemente, quando il papa si trovava impedito, la messa stazionale veniva celebrata da un presbitero con cerimoniale quasi identico per imponenza e complessità. In comparazione con la stazionale, veramente pubblica, le altre messe erano private, perché ad essa partecipava la chiesaChiesa romana nella sua interezza.<ref>{{fr}} Louis Duchesne, [https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k1079578.texteImage# ''Origines du culte chrétien: Études sur la liturgie latine avant Charlemagne''], Paris, 1920, pp. 171–172</ref>
 
== Etimologia ==
 
Il significato basico del latino ''statio'' deriva da ''stare'' (stare, fermarsi, prendere posizione), e venne a significare un raduno in un luogo fisso per un determinato scopo: il ''Libellus precum'' [[Lucifero di Cagliari|luciferiano]] del 384 l'adopera per descrivere un'assemblea strettamente liturgica (Migne, ''Patrologia Latina'' 13:83}).<ref name="New"/>
 
A volte il termine ''statio'' era usato dai primi cristiani per significare "digiuno", più specificamente un digiuno o giorno di digiuno parziale, distinto da un giorno di digiuno completo (in latino ''ieiunium)''.<ref name="New">[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/stational-church Robert Francis McNamara, "Stational Church" in ''New Catholic Encyclopedia'', vol. XIII, pp. 662-664]</ref> Nel [[Pastore di Erma]], scritto a Roma in [[lingua greca|greco]] a metà circa del II secolo, si trova il dialogo: "Perché mai di buon'ora sei venuto qui?" "Perché ho stazione, signore". "Che significa stazione?" "Digiuno, signore".<ref>[http://www.mistica.info/public/Il_Pastore_di_Erma.pdf ''Pastore'' di Erma] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210717095104/http://www.mistica.info/public/Il_Pastore_di_Erma.pdf |date=17 luglio 2021 }}, LIV, 1–2</ref><ref>Il testo originale è: Νηστεύων καὶ καθήμενος εἰς ὅρος τι καὶ εὐχαριστῶν τῷ κυρίῳ περὶ πάντων ὧν ἐποίησε μετ’ ἐμοῦ, βλέπω τὸν ποιμένα παρακαθήμενόν μοι καὶ λέγοντα· Τί ὀρθρινὸς ὧδε ἐλήλυθας; Ὅτι, φημί, κύριε, στατίωνα ἔχω. Τί, φησίν, ἐστὶ στατίων; Νηστεύω, φημί, κύριε (Constantinus Tischendorf, [https://books.google.it/books?id=mcyDzQEACAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Hermas Pastor Graece ex fragmentis Lipsiensibus instituta quaestione de vero Graeci textus Lipsiensis fonte''], Lipsia, J. C. Hinrichs, 1856, pp. 35–36</ref> [[Tertulliano]] (155 circa&nbsp;– 230 circa) sia nell'opera ''Ad uxorem''<ref name="Ad uxorem IV 1">''Ad uxorem'', liber II, IV, 1</ref> sia nel ''De oratione''<ref>De oratione, XIX, 5</ref> usa ''statio'' nel senso di giornata di digiuno, forse un po' meno prolungata.<ref name="Leclerq">{{en}} Henri Leclerq, [https://www.newadvent.org/cathen/14268a.htm "Station Days" in ''Catholic Encyclopedia''], New York, 1912</ref>
 
Sant'Ambrogio (339 o 340&nbsp;– 397) interpretò i digiuni dei cristiani figurativamente in relazione alla loro lotta contro gli spiriti malvagi: «I nostri digiuni sono i nostri accampamenti, che ci difendono dagli attacchi del maligno, e li chiamiamo "stazioni", perché ci assistiamo in piedi (''stantes'') e perseverando in essi, respingiamo le insidie dei nemici».<ref name="Novatian">Archdale Arthur King, [https://books.google.it/books?redir_esc=y&id=gCMvAAAAYAAJ ''Liturgy of the Roman Church''], Longmans, Green and Company, 1957, p. 434</ref><ref>Il testo originale è: «Castra enim nobis sunt nostra ieiunia, quae nos a diabolica oppugnatione defendunt. Denique stationes vocantur, quod stantes et commorantes in eis, inimicorum insidias repellamus». [https://www.google.com/books/edition/_/T9xGAQAAMAAJ?gbpv=1 ''Sermo XXI. De Quadregesima V''], 1, PL 17, p. 666</ref><ref>In un altro sermone scrive sant'Ambrogio: «Ieiunia enim nostra mansiones quaedam sunt, per quae iter spiritualiter facientes, animae virtutibus ambulamus, diurno profectu repromissae nobis terrae viciniores efficimur». [https://www.google.com/books/edition/_/T9xGAQAAMAAJ?gbpv=1 ''Sermo XIX. De Quadregesima III''], 2, PL 17, col. 662</ref>
 
La stessa metafora si trova in [[Tertulliano]] (155 circa&nbsp;– 230 circa), sia nell'opera ''Ad uxorem''<ref name="Ad uxorem IV 1" /> sia nel ''De oratione'', dove spiega: «''Statio de militari exemplo nomen accipit, nam et militia Dei sumus''». («La stazione deriva il suo nome dal mondo militare, poiché infatti siamo esercito di Dio»)<ref>[https://www.tertullian.org/articles/evans_orat/evans_orat_03latin.htm ''De oratione''], XIX, 5</ref> I Romani davano infatti il nome "statio" ad una caserma (es. "statio primae cohortis").<ref name="Novatian"/><ref name="EncItal">[https://www.treccani.it/enciclopedia/roma_%28Enciclopedia-Italiana%29/ "Roma" in ''Enciclopedia italiana'', capitolo "Roma medievale"]</ref><ref name="Novatian"/> Tertulliano parla di "processioni, digiuni, stazioni, preghiere"; e dice che nelle stazioni i soldati cristiani stavano di guardia, e vegliavano in preghiera. Il termine militare per questo atto di preghiera, dice Pompeio[[Pompeo Ugonio]] (''Historia delle stationi di Roma'', 1588), è entrato in uso durante le persecuzioni e Tertulliano suggeriva che significasse il tempo della battaglia della Chiesa, la veglia della Chiesa militante, la sua penitenza, che terminerebbe con la vittoria.<ref>M. A. R. Tucker e Hope Malleson, ''Handbook to Christian and Ecclesiastical Rome'', London, British Museum, Londra, 1900 citato da Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal''</ref><ref>Il testo di Ugonio è riprodotto in [https://arachne.uni-koeln.de/Tei-Viewer/cgi-bin/teiviewer.php?manifest=BOOK-713953 ''Historia delle Stationi di Roma''], Roma, 1588, sezione "Breve discorso generale intorno le Stationi", ma senza numerazione delle pagine.</ref>
 
Secondo la ''New Catholic Encyclopedia'', la forse più plausibile teoria avanzata per spiegare come la ''statio'' abbia acquisito la connotazione penitenziale è la congettura secondo cui, poiché i giorni del semidigiuno erano in molti luoghi anche giorni di osservanza liturgica, il termine "stazione" venne comunemente applicato sia al digiuno del giorno sia al rito del giorno.<ref name="New"/>
 
Pasquale Iacobone pure mette il termine ''statio'' in relazione con l'idea di "veglia". Dice che Il termine latino ricorda anche la figura della sentinella che vigila nell'accampamento, e riprende così il tema della vigilanza e dell'attenzione verso le opere di penitenza, carità e digiuno, tipiche della [[quaresima]], il [[Anno liturgico|tempo liturgico]] in cui spesso si tengono queste Messe.<ref name="intervistaoss">{{cita web|url=http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2008/033q08a1.html|titolo=Le «stationes» quaresimali nella tradizione della Chiesa|accesso=14 marzo 2014}}</ref>
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Dopo il periodo delle persecuzioni, il nome di "stazione" venne dato ad "una solenne liturgia celebrata dal Papa o da un suo delegato in una [[Basilica (architettura cristiana)|basilica]] o, per la crescita del culto dei martiri, in un cimitero".<ref>"'Statio' came finally to denote a solemn liturgy celebrated by the Pope or his delegate, either in one of the basilicas or, with the growing cult of the martyrs, in a cemetery": Archdale Arthur King, ''[Liturgy of the Roman Church]'', Longmans, Green and Company, 1957, p. 434]</ref><ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal'', 8 marzo 2019. Il testo è: «Whatever the origins of the term, the meaning of "station," as it came to be used, came in reference to "a solemn liturgy celebrated by the Pope or his delegate, either in one of the basilicas or, with the growing cult of the martyrs, in a cemetery" (Archdale King, ''Liturgy of the Roman Church'', Appendix VIII)».</ref>
 
Nell'antichità anche altre diocesi svilupparono delle liturgie stazionali, che comprendevano una processione, in genere in correlazione al culto liturgico dei martiri.<ref name=R517>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 517</ref> Fra queste vi erano [[Chiesa di Gerusalemme|Gerusalemme]] e [[patriarcato di Costantinopoli|Costantinopoli]]<ref name="Leclerq"/>, [[arcidiocesi di Milano|Milano]], [[patriarcato di Antiochia|Antiochia]], [[arcidiocesi di Tours|Tours]], [[arcidiocesi di Ossirinco|Ossirinco]] in [[Egitto]], [[Diocesi di Metz|Metz]], [[arcidiocesi di Vercelli|Vercelli]] e [[diocesi di Pavia|Pavia]].<ref>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 517-521</ref> Ad [[patriarcato di Aquileia|Aquileia]] le stazioni si svolgevano per le tre messe di Natale, nelle feste dei tre giorni successivi e nelle ferie di Pasqua.<ref name="Storia liturgica pag 518">[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 518</ref> Più tardi, si cercò di imitare le stazioni romane introducendo un ciclo di messe celebrate dal vescovo nelle diverse chiese delle città dell'impero carolingio.<ref name="New"/><ref>John F. Romano, [https://www.academia.edu/3174003/The_Fates_of_Liturgies_Towards_a_History_of_the_First_Roman_Ordo ''The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo''], p. 71</ref><ref name="New"/>
 
Henri Leclerque dice che il nome di "stazione" era dato anche a quella chiesa che era la meta verso la quale i fedeli andavano in processione, e il percorso che seguivano per raggiungerla diventò ''statio ad...''<ref name="Leclerq"/> Nelle edizioni del Messale Romano fino a quella del 1962 se ne conserva il ricordo con l'espressione "''Statio ad...''" che segue il titolo con il giorno liturgico.
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Al principio del [[IV secolo]] la crescita della comunità cristiana rese necessaria la celebrazione di più messe, cosicché [[papa Milziade]] dispose che i sacerdoti dei diversi [[titolo cardinalizio|titoli]] potessero celebrare una messa nella propria basilica, dopo la messa stazionale. Tuttavia, per rimarcare l'unità della Chiesa, alle altre messe era inviata una parte dell'[[eucaristia]] consacrata nella messa stazionale.<ref name=A65>Arisi, ''op. cit.'', p. [65]-[66]</ref>
 
Dopo le persecuzioni, le esistenti ''domus Dei'', chiese nelle case private, divennero i ''[[titolo cardinalizio|tituli]]'' o chiese parrocchiali, delle quali esistevano 25 nel [[V secolo]]. A queste si aggiunsero, sotto gli imperatori cristiani, le basiliche maggiori e alcuni edifici ecclesiastici minori. Nello stabilire un ciclo di visite stazionarie, i vescovi di Roma, come altri vescovi, videro in esso un simbolo appropriato dell'unità del pastore con il suo gregge. Infatti, sebbene l'intera comunità diocesana non potesse partecipare alla messa stazionale, questa messa sarebbe stata comunque la liturgia diocesana ufficiale, e ci sarebbero delegazioni per rappresentare i vari quartieri della città, con il proprio clero per assisterli. Se il sacerdote incaricato di un ''titulus'' era assente, il celebrante gli inviava, in segno di unione eucaristica, il ''[[fermentum'',]] una porzione del pane da lui consacrato.<ref name="New"/>
 
Non si sa quali fossero le prime chiese nelle quali i papi celebravano le stazioni, ma è possibile che i papi abbiano cominciato la prassi già nel III secolo.<ref name="New"/> Il sistema stazionale romano fu organizzato nella seconda metà del [[V secolo]] sotto [[papa Ilario]] e raggiunse il suo compimento con [[papa Gregorio I]] (590–604).<ref>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 178</ref> Nel ''Comes'' di Würzburg, un lezionario del IX secolo, si trova la lista delle stazioni al tempo di questo papa. Per i giovedì di quaresima, che in origine erano [[giorno aliturgico|giorni aliturgici]], le Messe stazionali risalgono all'[[VIII secolo]], al pontificato di [[papa Gregorio II|Gregorio II]] (715–731), e il Messale [[Concilio di Trento|tridentino]] (1570) mantenne sostanzialmente invariato questo elenco, che copriva senza interruzione i giorni di Quaresima e l'[[ottava di Pasqua]] e le domeniche dei tempi di Avvento e di Natale, nonché la festa dell'Ascensione e la domenica di Pentecoste con le due ferie successive. Si assegnavano stazioni pure alle [[Quattro tempora]]. L'elenco finale comprende 89 celebrazioni in 87 giorni in 42 chiese.<ref name="New"/><ref>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 194</ref><ref name="New"/>
 
L{{'}}''[[Ordines Romani|Ordo Romanus II]]'', verso la metà dell'VIII secolo, contiene prescrizioni per la Messa stazionale nell'evenienza che sia celebrata da un vescovo o da un presbitero in sostituzione del papa: il sostituto non può usare la cattedra e deve mettere nel suo calice un frammento del pane eucaristico consacrato dal pontefice.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 125</ref> Verso la fine dello stesso secolo il numero delle stazioni fu ridotto.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 138</ref>
 
Weigel dice che la pratica del pellegrinaggio alla chiesa stazionale svanì gradualmente a Roma, dopo che le riforme introdotte da [[papa Gregorio VII|Gregorio VII]] (1073–1085) nell'[[XI secolo]] diedero risalto alla figura del papa come amministratore e le liturgie papali incominciarono a essere celebrate in privato e non più fra il popolo di Roma,<ref name=W7>Weigel, ''op. cit.'', 2013, p. 7</ref> e che i pellegrinaggi alle chiese stazionali cessarono del tutto durante la [[cattività avignonese]] (dal 1309 al 1377),<ref name=W7/> sebbene le stazioni continuassero a essere regolarmente notate nel Messale. Nonostante le affermazioni di Weigel, i pellegrinaggi alle stazioni romane continuarono, pur senza partecipazione dei papi eccetto in parte del regno di [[papa Sisto V]] (1585–1590), che nonostante le proteste dei cardinali volle riprendere la tradizione.<ref name="Brandt"/><ref name="Ugonio"/> La continuazione dei pellegrinaggi è testimoniata nella seconda metà del Cinquecento (prima del pontificato di Sisto V) da un testimone oculare che racconta che il concorso dei fedeli alle stazioni, e in particolare a quella del mercoledì delle ceneri, era così numeroso e continuo da essere chiamato "il fiume" e da essere paragonato a quello delle api intorno al loro alveare.<ref>Gregory Martin, [https://books.google.it/books?id=KtY0uFPudkgC&pg=PA48 ''Roma Sancta (1581)''], Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1969, p. 48</ref>
[[Image:Santa sabinaSabina internal(Roma) - Interior.JPGjpg|thumb|right|Seguendo l'esempio di [[papa Sisto V]], i papi a partire da [[Papa Giovanni XXIII|Giovanni XXIII]] hanno ripreso la pratica di visitare la stazione del Mercoledì delle Ceneri, Santa Sabina all'Aventino.]]
Nello stesso XVI secolo, come già menzionato, [[papa Sisto V]] (1585–1590) decise di celebrare personalmente la messa nelle chiese stazionali del mercoledì delle ceneri e delle domeniche di Quaresima, "non per solamente visitarla, come da molti anni indietro si costumava, ma per celebrarvi la Cappella Papale, assistente il Collegio di Cardinali, & tutta la Corte". Per celebrarla rivolto verso il popolo spostò l'altare nella [[basilica di Santa Sabina]] "allontanandolo dalla Tribuna [cioè dall’abside] per tanto spatio quanto è necessario, & conveniente alla Cappella Papale, acciò il sommo Pontefice nel mezzo, & intorno i Cardinali possino sedere, & assistere al santo sacrificio della Messa".<ref name="Brandt">Olof Brandt, [https://www.acistampa.com/story/le-stazioni-quaresimali-papa-sisto-v-riparte-da-santa-sabina-7969 ''Le Stazioni quaresimali: Papa Sisto V riparte da Santa Sabina''], ''ACI Stampa'', 14 febbraio 2018</ref><ref name="Ugonio">Il testo di Pompeo Ugonio, [https://arachne.uni-koeln.de/Tei-Viewer/cgi-bin/teiviewer.php?manifest=BOOK-713953 ''Historia delle stationi di Roma che si celebrano la Quadragesima''], cap. Mercordì à Santa Sabina, f. 10r-11r</ref>
 
Dopo la soluzione della [[questione romana]], [[papa Pio XI]] e [[papa Pio XII]] continuarono<ref name=W8>Weigel, ''op. cit.'', 2013, p. 8</ref> la tradizione di concedere indulgenze a chi facesse visita alla chiesa nel giorno indicato nel Messale Romano.<ref>[https://books.google.it/books?id=i653UMTb-T8C&printsec=frontcover&redir_esc=y#v=onepage&q=stazione&f=false ''Raccolta di orazioni e pie opere per le quali sono concedute dai Sommi Pontefici le S. Indulgenze''], Ottava edizione, Roma, 1834, pp. 397–407</ref><ref>[http://www.liturgialatina.org/raccolta/visits.htm Traduzione inglese]</ref><ref>{{en}} Jean Baptiste Bouvier, [https://books.google.it/books?id=mexiAAAAcAAJ&pg=PA164&dq=bouvier+%22stations+should%22&hl=en&sa#v=onepage&q=bouvier%20%22stations%20should%22&f=false ''A Dogmatical and Practical Treatise on Indulgences''], Dublin, 1839, p. 164</ref>
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== Rito della messa ==
 
La forma della messa celebrata nelle stazioni romane variò con il tempo. BastaÈ pensare dell'introduzione medioevale delle ostie di pane azzimo al posto dei pani lievitati interinoto che i[[papa fedeliGregorio presentavanoI]] e(590–604) diapportò cuinotevoli icambiamenti, pezzima venivanonon distribuitiè nelladel comunione:tutto versochiaro il IX secolo il pane comune venne progressivamente sostituito dal pane azzimo, praticain che diventeràcosa finalmente imperativa nell'XI secolo; econsistessero le ostiemodifiche rotondeda oralui in uso comparvero verso il XII secolo, quando si cominciò a tagliare la pasta azzima ''in modum denarii'', nella forma di moneta.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA51 ''The Mass''], Liturgical Press 1992, p. 51</ref> Papa Gregorio I (590–604) introdusse diverse modificheintrodotte.<ref>Gilbert Huddleston, [https://www.newadvent.org/cathen/06780a.htm "Pope St. Gregory I ("the Great")] in [[Catholic Encyclopedia]], New York, 1909</ref> ModificheQuasi introdottedue asecoli nordpiù delletardi Alpi[[Pipino nellail messaBreve]] romanare neldei periodofranchi tra l'VIII(751-768) e il Xsuo secolosuccessore sono[[Carlo stateMagno]] adottate(768-814) ancheromanizzarono daiil papiculto edel la[[Regno risultantefranco]], liturgiadando inizio alla progressiva instaurazione di una forma di culto ibrida divenneromano-franca quellache tornerà in usoseguito anchea nelleRoma, celebrazionie stazionalida della chiesasi dipropagherà Romain tutti i paesi in cui penetra il cattolicesimo romano.<ref>John FR.-G. RomanoCoquin, [https://www.academiapersee.edufr/3174003doc/The_Fates_of_Liturgies_Towards_a_History_of_the_First_Roman_Ordorhr_0035-1423_1968_num_173_2_9190 recensione] di ''TheLa Fatesréforme ofcultuelle Liturgies:sous TowardsPépin ale HistoryBref ofet thesous First Roman OrdoCharlemagne''], p.di Cyrille 72Vogel</ref>
 
Per diffondere nel regno franco la conoscenza degli usi romani si compilarono per molti secoli dell'intero Medioevo raccolte di informazioni sulle rubriche cerimoniali (non le preghiere, le quali invece sono contenute nei sacramentari, antifonari, salteri) di vari servizi liturgici del rito romano, tra cui la messa altomedievale. Descrivono e documentano lo sviluppo della liturgia papale a Roma dai sec. VII al XV. Tali raccolte sono denominate ''Ordines romani''. Le rubriche della messa si trovano negli ''Ordines'' I, VII, IX-X, XV-XVII; quelle per il battesimo negli ''Ordines'' XI, XXII-XXIV e XXV; quelle per l'ordinazione negli ''Ordines'' XXXIV-XXXV e XXXIX; quelle per i funerali negli ''Ordines'' XLIV; e quelle per le dedicazioni delle chiese negli ''Ordines'' XLI-XLIII.<ref>Herbert Thurston, "[https://www.newadvent.org/cathen/11284c.htm Ordines Romani]" in ''[[Catholic Encyclopedia]]'' (New York, 1911)</ref><ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/ordines-romani_%28Enciclopedia-Italiana%29/ "Ordines Romani" in ''Enciclopedia Treccani on line'']</ref>
L{{'}}''Ordo Romanus Primus'' fornisce una descrizione della messa papale della fine del [[VII secolo]] o dell'inizio dell'[[VIII secolo]].<ref>Martin Klöckener, [https://referenceworks.brillonline.com/entries/religion-past-and-present/ordo-romanus-primus-SIM_024274 "Ordo Romanus Primus"] in ''Religion Past and Present'', BRILL, 2011</ref><ref>[https://www.academia.edu/3174003/The_Fates_of_Liturgies_Towards_a_History_of_the_First_Roman_Ordo John F. Romano, "The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo", p. 72]</ref><ref name="Jungmann">Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/n79/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benzinger, 1951, pp. 67–74</ref><ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, pp. 132-135</ref>
 
L'attuale edizione critica degli ''Ordines romani'' è ''Les Ordines romani du haut moyen age'' (1961) a cura di Michel Andrieu.
Entrato nella chiesa, il Papa va prima di tutto al ''secretarium'' ([[sagrestia]]), dove gli si mettono i paramenti della messa: camice, cingolo, amitto, dalmatica di lino, dalmatica maggiore, pianeta e pallio. Nel frattempo si rompe il sigillo del contenitore del prezioso [[evangeliario]] portato dal Laterano, il diacono lo prepara e un suddiacono lo pone solennemente sull'altare. Poi il pontefice, preceduto dal coro, da un suddiacono con incenso e da sette accoliti ognuno con un cero acceso. All'arrivo al [[presbiterio]] si mostra al pontefice il contenuto di due pissidi con frammenti del pane consacrato in una celebrazione precedente (i ''[[Fermentum#Fermentum e sancta|sancta]]'', ed egli li venera e sceglie quelli da usare. Poi nel presbiterio si inchina all'altare, prega in silenzio facendosi il segno della croce sulla fronte, dà la pace a due dignitari del clero e a tutti i diaconi e segnala al coro di cominciare la dossologia conclusiva del canto. Saluta con un bacio l'evangeliario e l'altare e va alla sua sede, dove sta in piedi guardando verso oriente. Il coro, dopo aver terminato l'antifona all'[[introito]], canta i [[Kyrie]], il cui numero può essere variato secondo le indicazioni del papa. Questi poi, rivolgendosi al popolo, inizia il canto del [[Gloria in Excelsis Deo]]<ref>Non veniva cantato nei tempi penitenziali.</ref>, e di nuovo si gira verso oriente. Finito questo, il papa, rivolto al popolo, dice "Pax vobis" e subito verso oriente, dice "Oremus" e la preghiera che più tardi sarà chiamata la [[colletta (liturgia)|colletta]]. Dopo la quale tutti si siedono.<ref name="Jungmann"/><ref>Edward Godfrey Cuthbert, Frederic Atchley, [https://archive.org/details/ordoromanusprimu00atchuoft/page/122/mode/2up ''Ordo Romanus Primus''], Londra, De La More Press, 1905, pp. 122–130</ref><ref>[[Jean Mabillon]], [https://books.google.fr/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis''], Parigi, 1689, vol. 2, pp. 3–16</ref>
 
=== Messa stazionale romana nell'anno 800 circa ===
Il suddiacono canta l'Epistola nell'[[ambone]], un cantore il ''responsum'' (tipicamente un [[salmo responsoriale]], antenato del [[graduale]]),<ref>James W. McKinnon, [https://books.google.it/books?id=_SklDQAAQBAJ&pg=PA59&dq=%22responsum%22+%22responsorial+psalm%22&hl=en&sa=#v=onepage&q=%22responsum%22%20%22responsorial%20psalm%22&f=false ''The Advent Project: The Later Seventh-Century Creation of the Roman Mass Proper''], University of California Press, 2000, p. 59</ref><ref>Iain Fenton, [https://books.google.it/books?id=Cq2kVYKgMeoC&pg=PA232&dq=%22responsum%22+%22responsorial+psalm%22&hl=en&sa ''Early Music History: Studies in Medieval and Early Modern Music''], Cambridge University Press, 2009, p. 232</ref> un altro o l'[[Alleluia]] o il [[Tratto (liturgia)|tratto]]. Poi il diacono, dopo avere baciato i piedi, non la mano, del pontefice nel chiedergli la benedizione, va all'ambone preceduto da due suddiaconi con incenso e due accoliti con candele accese, e salito all'ambone canta il Vangelo. Dopo il Vangelo, un suddiacono offre al bacio dei membri del clero l'evangeliario, che poi, messo in un contenitore e sigillato, verrà riportato in Laterano.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 130–132</ref>
 
L{{'}}''[[Ordines Romani|Ordo Romanus Primus]]'' fornisce una descrizione della messa papale dellanella [[Basilica di Santa Maria Maggiore]] nella [[Domenica di Pasqua]] alla fine del [[VII secolo]] o dellall'inizio dell'[[VIII secolo]].<ref>Martin Klöckener, [https://referenceworks.brillonline.com/entries/religion-past-and-present/ordo-romanus-primus-SIM_024274 "Ordo Romanus Primus"] in ''Religion Past and Present'', BRILL, 2011</ref><ref>John F. Romano, [https://www.academia.edu/3174003/The_Fates_of_Liturgies_Towards_a_History_of_the_First_Roman_Ordo John F. Romano, "The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo"], p. 72]</ref><ref name="Jungmann">Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/n79/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benzinger, 1951, pp. 67–74</ref><ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, pp. 132-135</ref><ref>Bryan D. Spinks, ''[https://books.google.it/books?id=iGWmDwAAQBAJ&pg=PA200&dq=#v=onepage&q&f=false Do this in Remembrance of Me: The Eucharist from the Early Church to the Present Day]'', SCM Press, 2014, p. 200</ref>
Nell'offertorio si accettano i pani lievitati e i fiaschi di vino offerti. Il vino si versa in un grande calice e poi, secondo che questo si riempie, il contenuto si svuota in un [[skyphos|vaso]] più grande. Il pontefice riceve personalmente alcune delle offerte, poi si lava le mani e torna alla sua sede, mentre le offerte di pane vengono disposte sull'altare. Poi scende dalla sua sede all'altare, riceve formalmente le offerte e mette sull'altare i due pani della sua offerta personale. L'arcidiacono mette accanto ai due pani del pontefice il calice del vino, le cui anse sono coperte da un velo, nel quale ha previamente versato un po' d'acqua facendo con essa il segno della croce.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 132–136</ref>
 
Entrato nella chiesa, il Papa va prima di tutto al ''secretarium'' ([[sagrestia]]), dove gli si mettono i paramenti della messa: camice, cingolo, amitto, dalmatica di lino, dalmatica maggiore, pianeta e pallio. Nel frattempo si rompe il sigillo del contenitore del prezioso [[evangeliario]] portato dal Laterano, il diacono lo prepara e un suddiacono lo pone solennemente sull'altare. Poi il pontefice fa l'ingresso, preceduto dal coro, da un suddiacono con incenso e da sette accoliti ognuno con un cero acceso. All'arrivo al [[presbiterio]] si mostra al pontefice il contenuto di due pissidi con frammenti del pane consacrato in una celebrazione precedente (i ''[[Fermentum#Fermentum e sancta|sancta]]'', ed egli li venera e sceglie quelli da usare. Poi nel presbiterio si inchina all'altare, prega in silenzio facendosi il segno della croce sulla fronte, dà la pace a due dignitari del clero e a tutti i diaconi e segnala al coro di cominciare la dossologia conclusiva del canto. Saluta con un bacio l'evangeliario e l'altare e va alla sua sede, dove sta in piedi guardando verso oriente.<ref>L'abside di Santa Maria Maggiore è a sud-est.</ref> Il coro, dopo aver terminato l'antifona all'[[introito]], canta i [[Kyrie]], il cui numero può essere variato secondo le indicazioni del papa. Questi poi, rivolgendosi al popolo, inizia il canto del [[Gloria in Excelsis Deo]]<ref>Non veniva cantato nei tempi penitenziali.</ref>, e di nuovo si gira verso oriente. Finito questo, il papa, rivolto al popolo, dice "Pax vobis" e subito verso oriente, dice "Oremus" e la preghiera che più tardi sarà chiamata la [[colletta (liturgia)|colletta]]. Dopo la quale tutti si siedono.<ref name="Jungmann"/><ref>Edward Godfrey Cuthbert, Frederic Atchley, [https://archive.org/details/ordoromanusprimu00atchuoft/page/122/mode/2up ''Ordo Romanus Primus''], Londra, De La More Press, 1905, pp. 122–130</ref><ref>John F. Romano, ''Liturgy and Society in Early Medieval Rome'', Routledge, 2016, pp. 229–248</ref><ref>[[Jean Mabillon]], [https://books.google.fr/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis''], Parigi, 1689, vol. 2, pp. 3–16</ref>
Dopo l'orazione dell'offertorio, seguono il responsorio ''Sursum corda'', il [[Prefazio]], il [[Sanctus]] e il [[canone romano]], cantato nella sua interezza.<ref>Denis Crouan, [https://books.google.it/books?id=_ZfAySrL9mQC&pg=PT42&dq=crouan+sung+in+its+entirely&hl=en&sa=#v=onepage&q=crouan%20sung%20in%20its%20entirely&f=false ''The History and the Future of the Roman Liturgy''], Ignatius Press, 2005</ref>
 
IlNell'[[ambone]] il suddiacono canta l'Epistola nell'[[ambone]], un cantore il ''responsum'' (tipicamente un [[salmo responsoriale]], probabile antenato del [[graduale]]),<ref>James W. McKinnon, [https://books.google.it/books?id=_SklDQAAQBAJ&pg=PA59&dq=%22responsum%22+%22responsorial+psalm%22&hl=en&sa=#v=onepage&q=%22responsum%22%20%22responsorial%20psalm%22&f=false ''The Advent Project: The Later Seventh-Century Creation of the Roman Mass Proper''], University of California Press, 2000, p. 59</ref><ref>Iain Fenton, [https://books.google.it/books?id=Cq2kVYKgMeoC&pg=PA232&dq=%22responsum%22+%22responsorial+psalm%22&hl=en&sa ''Early Music History: Studies in Medieval and Early Modern Music''], Cambridge University Press, 2009, p. 232</ref> un altro o l'[[Alleluia]] o il [[Tratto (liturgia)|tratto]]. Poi il diacono, dopo avere baciato i piedi, non la mano, del pontefice nel chiedergli la benedizione, va all'ambone preceduto da due suddiaconi con incenso e due accoliti con candele accese, e salito all'ambone canta il Vangelo. Dopo il Vangelo, un suddiacono offre al bacio dei membri del clero l'evangeliario, che poi, messo in un contenitore e sigillato, verrà riportato in Laterano.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 130–132</ref>
Dopo il ''Pater noster'' il pontefice, mentre dice ''Pax Domini sit semper vobiscum'' ("La pace del Signore sia sempre con voi"), mette nel calice un frammento di pane consacrato in una messa precedente (i ''sancta''). E l'arcidiacono scambia con il vescovo ebdomadario il bacio della pace, che poi si scambia con il resto del clero per ordine di precedenza e con il popolo.<ref name="ordo romanus primus pag 138">''Ordo Romanus Primus'', p. 138</ref>
 
NellIl rito dell'offertorio siè accompagnato da un canto che, secondo Mario Righetti, ebbe origine in forma [[salmo responsoriale|responsoriale]] durante l'episcopato di [[Agostino d'Ippona]] (391–430), raggiunse il colmo prima dell'VIII secolo e apparirà nell'XI secolo ridotto ad una sola antifona.<ref>George Schembri, ''[https://www.um.edu.mt/library/oar/handle/123456789/28211 The offertory rite in the Ordines Romani]'' in ''Melita Theologica'' 27(1-2), 36-49.</ref> Si accettano i pani lievitati e i fiaschi di vino offerti dal clero e dai fedeli. Il vino si versa in un grande calice e poi, secondo che questo si riempie, il contenuto si svuota in un [[skyphos|vaso]] più grande. Il pontefice riceve personalmente alcune delle offerte, poi si lava le mani e torna alla sua sede, mentre lealcune offerte di pane vengono disposte sull'altare. Poi scende dalla sua sede all'altare, riceve formalmente le offerte e mette sull'altare i due pani della sua offerta personale. L'arcidiacono mette accanto ai questi due pani del pontefice il calice (unico) del vino, le cui anse sono coperte da un velo, e nel quale egli ha previamente versato un po' d'acqua facendo con essa il segno della croce.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 132–136</ref>
Prima della [[frazione (liturgia)|frazione]] del pane, il papa stacca un pezzo del lato destro di uno dei pani della sua offerta e lo mette sull'altare; il resto lo mette sulla patena (un vassoio abbastanza grande per tenere più pani lievitati) tenuta dal diacono. Si ritira poi alla sua sedia, dove viene portata la patena con i pani, che i diaconi spezzeranno. Gli altri pani sull'altare sono messi in sacchetti tenuti dagli accoliti, che li portano ai vescovi e ai presbiteri per essere spezzati. Il "nomenclator" e il "vicedominus" di palazzo si avvicinano al papa, che detta i nomi di quelli che sono invitati alla tavola pontificia o del vicedomino; poi avvertono le persone invitate.<ref name="EncItal"/><ref name="ordo romanus primus pag 140">''Ordo Romanus Primus'', p. 140</ref> Fatta la distribuzione, il coro canta l{{'}}''[[Agnus Dei]]'' e si esegue la frazione del pane.<ref name="ordo romanus primus pag 140" /><ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 303–311</ref>
 
DopoAlla l'orazionefine del rito dell'offertorio, seguonoil papa fa cenno di terminare il responsoriocanto e recita una preghiera che si conclude con ''SursumPer cordaomnia saecula saeculorum'',. Seguono il [[Prefazio]], il [[Sanctus]] e il [[canone romano]], cantato nella sua interezza.<ref>Denis Crouan, [https://books.google.it/books?id=_ZfAySrL9mQC&pg=PT42&dq=crouan+sung+in+its+entirely&hl=en&sa=#v=onepage&q=crouan%20sung%20in%20its%20entirely&f=false ''The History and the Future of the Roman Liturgy''], Ignatius Press, 2005</ref>
Dopo la frazione del pane, un diacono assistente porta la patena al pontefice, che riceve la comunione e poi mette nel calice tenuto dall'arcidiacono un frammento dello stesso elemento che ha morso. Nel metterlo nel calice fa con esso tre volte il segno della croce mentre dice: "Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam".<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 140–142</ref><ref>Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento, perché sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale Romano tridentino fu cambiata in "Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam" (Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/314/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 315–316).</ref> E riceve la comunione con il calice datogli dall'arcidiacono.
 
All'inizio del canone, viene un accolito tenendo in un telo di lino la patena (vassoio abbastanza grande da contenere più pani lievitati). A metà del canone la prende un suddiacono, tenendola fuori della sua [[Pianeta (paramento liturgico)|pianeta]], si avvicina all'altare e poi la passa al suddiacono distrettuale, che la tiene fino all'[[embolismo (liturgia)|embolismo]] del ''[[Padre nostro|Pater noster]]'', quando la prende l'arcidiacono e, dopo averla baciata, la passa al secondo diacono, che la tiene fino a quando ci si mettono sopra i pani dell'offerta del papa, che poi saranno spezzati nella [[frazione (liturgia)|frazione]] del pane.
L'arcidiacono poi va al lato dell'altare e annuncia il luogo e la data della prossima ''statio''. I vescovi e i presbiteri ricevono la comunione dalle mani del pontefice e il primo dei vescovi dà da bere al clero dal calice, che ha preso dall'arcidiacono. Questi ha già versato un poco del calice nel grande vaso già menzionato, dalla quale bevono i fedeli usando una cannuccia (la ''fistula''). Dopo la comunione del clero, il pontefice la amministra agli ufficiali civili e l'arcidiacono dà loro da bere dal calice. A questo punto il coro comincia a cantare alternandosi ai suddiaconi.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 142–144</ref>
 
Finita la comunione, si dà al coroDopo il segnale''Pater dinoster'' cantaree la dossologia finale. Poil'embolismo, il pontefice, mentre dice l'orazione'Pax diDomini conclusionesit guardando verso oriente e senza volgersi verso il popolo nemmeno nel dire "Dominussemper vobiscum"'' ("IlLa pace del Signore sia sempre con voi")., Unomette deinel diaconi,calice alun cennoframmento deldi pontefice,pane diceconsacrato alin popolouna "[[Itemessa missaprecedente est]]"(i ''sancta''). AlloraE l'arcidiacono scambia con il papavescovo scendeebdomadario dallail suabacio sededella nel presbiteriopace, iche vescovipoi glisi chiedonoscambia lacon benedizioneil edresto eglidel risponde:clero "Benedicatper nosordine Dominus"di ("Ciprecedenza benedicae con il Signore")popolo.<ref name="ordo romanus primus pag 138">''Ordo Romanus Primus'', ppp. 144–146138</ref>
 
Prima della [[frazione (liturgia)|frazione]] del pane, il papa stacca un pezzo del lato destro di uno dei pani della sua offerta e lo mette sull'altare; il resto lo mette sulla patena (un vassoio abbastanza grande per tenere più pani lievitati) tenuta dal diacono. Si ritira poi alla sua sedia, dove viene portata la patena con i pani, che i diaconi spezzeranno. Gli altri pani sull'altare sono messi in sacchetti tenuti dagli accoliti, che li portano ai vescovi e ai presbiteri per essere spezzati. Il "nomenclator" e il "vicedominus" di palazzo si avvicinano al papa, che detta i nomi di quelli che sono invitati alla tavola pontificia o del vicedomino; poi avvertono le persone invitate.<ref name="EncItal"/><ref name="ordo romanus primus pag 140">''Ordo Romanus Primus'', p. 140</ref> Fatta la distribuzione, il coro canta l{{'}}''[[Agnus Dei]]'' e si esegue la frazione del pane.<ref name="ordo romanus primus pag 140" /><ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 303–311</ref>
 
Dopo la frazione del pane, un diacono assistente porta la patena al pontefice, che riceve la comunione e poi mette nel calice tenuto dall'arcidiacono un frammento dello stesso elemento che ha morso. Nel metterlo nel calice fa con esso tre volte il segno della croce mentre dice: "Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam".<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 140–142</ref><ref>Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento, perché sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione ("consecratio") non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale Romano tridentino (1570) fu cambiata in "Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam" (Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/314/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 315–316).</ref> E riceve la comunione conbeve ildal calice datogli dall'arcidiacono.
 
L'arcidiacono poi va al lato dell'altare e annuncia il luogo e la data della prossima ''statio''. I vescovi e i presbiteri ricevono la comunione dalle mani del pontefice e il primo dei vescovi dà da bere al clero dal calice, che ha preso dall'arcidiacono. Questi ha già versato un poco del calice nel grande vaso di vino non consacrato già menzionato, dalladal quale bevono i fedeli usando una cannuccia (la ''fistula'').<ref>Daniel Rock, ''[https://books.google.it/books?id=jy7bEd1AD_oC&pg=PA164&dq=#v=onepage&q&f=false The Church of Our Fathers as Seen in St. Osmund's Rite for the Cathedral of Salisbury]'', Londra, 1889, p. 164</ref> Dopo la comunione del clero, il pontefice la amministra agli ufficiali civili e l'arcidiacono dà loro da bere dal calice. A questo punto il coro comincia a cantare alternandosi ai suddiaconi.<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 142–144</ref>
 
Finita la comunione, si dà al coro il segnale di cantare la dossologia finale. Poi il pontefice dice l'orazione di conclusione guardando verso oriente e senza volgersi verso il popolo nemmeno nel dire ''Dominus vobiscum'' ("Il Signore sia con voi"). Uno dei diaconi, al cenno del pontefice, dice al popolo ''[[Ite missa est]]''. Allora il papa scende dalla sua sede nel presbiterio, i vescovi gli chiedono la benedizione ed egli risponde: ''Benedicat nos Dominus'' ("Ci benedica il Signore").<ref>''Ordo Romanus Primus'', pp. 144–146</ref>
 
In quattro feste maggiori dell'anno, Pasqua, Pentecoste, San Pietro e Natale, i ''presbyteri cardinales'' stanno presso l'altare, ognuno con un suo corporale e l'arcidiacono porge a ciascuno tre pani, che consacrano senza tenerli sull'altare, pronunciando la preghiera di consacrazione simultaneamente con il papa.<ref>[https://archive.org/details/ordoromanusprimu00atchuoft/page/148/mode/2up ''Ordo Romanus Primus''], Londra, 1905, p. 148</ref>
 
=== Modifiche medioevali della messa stazionale dopo l'VIII secolo ===
 
Gli ''[[Ordines Romani]]'' descrivono e documentano lo sviluppo della liturgia papale a Roma dal secolo VII al XV. Nell{{'}}''Oxford History of Christian Worship'' Timothy Thibaudeau osserva: "Nel secolo dal 962 al 1050 circa, i riti e le cerimonie della chiesa di Roma furono superati dagli elementi franchi e germanici importati in Italia dai monaci [[Abbazia di Cluny|cluniacensi]] e dagli imperatori tedeschi. L'intrinseca austerità della liturgia romana fu improvvisamente sopraffatta dagli elementi drammatici ed emotivi delle liturgie franco-germaniche della corte [[Dinastia ottoniana|ottoniana]], prima introdotte nella città di Roma quando [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]] vi giunse per la sua incoronazione imperiale nell'inverno del 962".<ref>Timothy Thibaudeau, "[https://books.google.it/books?id=h5VQUdZhx1gC&pg=PA228&dq=#v=onepage&q&f=false Western Christendom]" in ''The Oxford History of Christian Worship'', a cura di Geoffrey Wainwright, Oxford University Press, 2006, pp. 227–228</ref>
 
Simili modifiche della messa romana introdotte inizialmente a nord delle Alpi nel periodo tra l'VIII e il X secolo sono state adottate anche dai papi e la risultante liturgia ibrida divenne quella in uso anche nelle celebrazioni stazionali della chiesa di Roma.<ref>John F. Romano, [https://www.academia.edu/3174003/The_Fates_of_Liturgies_Towards_a_History_of_the_First_Roman_Ordo ''The Fates of Liturgies: Towards a History of the First Roman Ordo''], p. 72</ref>
 
La messa stazionale papale ebbe un'evoluzione non solo per influssi esterni (detti "gallicani") ma anche per altri motivi. Sparì presto l'uso dei ''[[Fermentum#Fermentum e sancta|sancta]]'' che nell{{'}}''Ordo Romanus Primus'' il pontefice venerava all'inizio della celebrazione e che all'embolismo metteva nel calice del vino consacrato. Quest'ultimo gesto venne sostituito con quello abbinato con la frazione del pane (spostata dal contesto originale e compiuta prima dal canto dell{{'}}[[Agnus Dei]]) dell{{'}}''immixtio'' del pane e del vino consacrati nella stessa messa.
 
Un'altra novità medievale era l'introduzione delle ostie di pane azzimo al posto dei pani lievitati interi che i fedeli contribuivano e di cui i pezzi venivano distribuiti nella comunione: verso il IX secolo il pane comune venne progressivamente sostituito dal pane azzimo, pratica che diventerà finalmente imperativa nell'XI secolo; e le ostie rotonde ora in uso comparvero verso il XII secolo, quando si cominciò a tagliare la pasta azzima ''in modum denarii'', nella forma di moneta.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA51 ''The Mass''], Liturgical Press 1992, p. 51</ref>
 
Questa novità escludeva anche la nota caratteristica della messa stazionale dell{{'}}''Ordo Romanus Primus'' per cui, durante il lungo rito della frazione del pane, si preparava la lista di quelli che il papa volesse invitare o alla sua tavola o a quella del ''vicedominus'' e si distribuivano i relativi inviti.
 
== Il retaggio di forme antiche della messa papale ==
 
Secondo Francesco Arisi (1874–1930),<ref>[http://www.librinlinea.it/search/autore/arisi-francesco Biblioteche piemontesi on line}]</ref> la [[messa]] del [[rito romano]], nella forma da lui conosciuta, deriva dall'"antica messa stazionale" e talvolta ne riproduce gesti e prescrizioni liturgiche.<ref>Francesco Arisi, ''Il Messale romano festivo'', 2ª edizione, Torino, 1947, p. [29]</ref>
 
Il canto dell'[[introito]] deriva dal canto di accoglienza da parte del coro per il papa, che si iniziava quando il papa usciva dalla sagrestia, come indica l{{'}}''Ordo Romanus Primus'',<ref>''Ordo Romanus Primus'', p. 126</ref> o quando appariva sulla soglia della basilica, come dice Arisi, il quale osserva che in origine l'introito era presente solo nelle Messe stazionali in cui c'era l'ingresso solenne.<ref>Arisi, ''op. cit.'', p. [37]</ref>
 
Anche la [[colletta (liturgia)|colletta]] era, secondo un'interpretazione, un'orazione che nei giorni penitenziali si pronunciava nella chiesa dell'adunata del popolo (la ''collecta''), da dove poi partiva la processione fino alla chiesa stazionale, donde l'espressione ''oratio ad collectam''.<ref name="Storia liturgica pag 518" /><ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal'', 8 marzo 2019, che cita "Archdale King, Liturgy of the Roman Church, Appendix VIII"</ref><ref name="Storia liturgica pag 518" /> Secondo un'altra interpretazione, il nome deriva dall'uso di far seguire ad un periodo di preghiera in silenzio, introdotta dall'invito del pontefice, "''Oremus''", e dall'istruzione del diacono, "''Flectamus genua''", un'orazione con la quale il papa raccoglieva (''colligere'') le preghiere di tutti in una concisa supplica conclusiva (''collecta'').<ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal'', 8 marzo 2019, che cita A. Croegaert, ''The Mass: A Liturgical Commentary'', vol. 1, pp. 85-94</ref>
 
L'uso di inviare la materia consacrata (il ''[[fermentum]]'') decadde fra il [[X secolo|X]] e l'[[XI secolo]], ma secondo Arisi ne rimase traccia nella [[messa tridentina]] [[messa solenne|solenne]] nell'omaggio reso dal [[suddiacono]] alla [[patena]] coperta dal [[velo omerale]]; anche nella messa tridentina [[messa bassa|letta]]<ref>La Messa letta è la forma meno solenne della Messa tridentina, celebrata da un solo sacerdote, che legge tutte le parti che nella Messa solenne sono cantate.</ref> la patena rimane parzialmente coperta dal corporale,<ref>Giovanni Diclich, [https://books.google.it/books?id=730i2S-YLPIC&pg=PA144&dq=#v=onepage&q&f=false ''Dizionario sacro liturgico''., Tipografia Testa, 1837. vol. II, p. 144 (voce "Patena")]</ref> collocazione interpretata da Arisi "come se [la patena] contenesse le sacre specie provenienti dalla messa stazionale".<ref name=A65/> L{{'}}''Ordo Romanus Primus'' indica che, all'inizio del [[canone (liturgia)|canone]], un accolito porta dalla sagrestia all'altare, avvolta in un velo di lino, la patena-vassoio, che è consegnata al secondo diacono alla fine dell'embolismo del Padre nostro. Poi il pontefice stacca dal pane consacrata un pezzo che lascia sull'altare, mette due pani sulla patena e va alla cattedra, seguito dal diacono con la patena.<ref name="ordo romanus primus pag 138" /><ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.newliturgicalmovement.org/2008/02/liturgical-variations-in-most-unlikely.html#.YWwBvBpKjbZ ''Liturgical Variations in the Most Unlikely of Places: The Paten''] in ''Liturgical Arts Journal'', 18 febbraio 2018</ref><ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benziger, 1951, vol. II, p. 303</ref>
 
L{{'}}''Ordo Romanus Primus'' non mette la patena in relazione con i ''sancta'': questi sono contenuti in una pisside chiusa ispezionata dal papa all'arrivo al presbiterio. All'inizio del [[canone (liturgia)|canone]], un accolito porta dalla sagrestia all'altare, avvolta in un velo di lino, la patena-vassoio, che è consegnata al secondo diacono alla fine dell'embolismo del Padre nostro. Poi, dopo che il papa ha messo nel calice i ''sancta'' e si è cominciato il rito del bacio della pace, il papa depone sulla patena tenuta dal diacono i pani appena consacrati della sua offerta, da uno dei quali ha staccato un pezzo che lascia sull'altare. Poi due accoliti portano la patena con i due pani alla sedia del pontefice, dove, al momento della frazione, i diaconi spezzeranno i due pani.<ref name="ordo romanus primus pag 138" /> Jungmann dice che non bisogna supporre che la riverenza mostrata verso la patena fosse dovuta alla presenza su di essa di un frammento dell'eucaristia, come i ''sancta'': egli dichiara che una simile venerazione di oggetti sacri, che prevedeva di non toccarli se non con mani velate, era prassi generale.<ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benziger, 1951, vol. II, p. 307</ref><ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.newliturgicalmovement.org/2008/02/liturgical-variations-in-most-unlikely.html#.YWwBvBpKjbZ ''Liturgical Variations in the Most Unlikely of Places: The Paten''] in ''Liturgical Arts Journal'', 18 febbraio 2018</ref>
 
Fu nell'XI secolo che la patena cominciò, soprattutto a Roma (''Ordo Romanus XV''), ad essere portata non più dall'accolito, ma dal suddiacono. Questi teneva la patena non con il [[velo omerale]], ma usando la ''palla'' o ''mappula'' (antenata dell'attuale velo del calice), gettandosene le estremità sulla spalla destra. L'uso per cui il suddiacono teneva la patena con il velo omerale ebbe origine a Roma verso la fine del Medioevo e solo lentamente fu adottato altrove, non prima del XIX secolo in Francia e in Germania.<ref>Joseph Braun, "[https://www.newadvent.org/cathen/07542b.htm Humeral Veil] in ''[[Catholic Encyclopedia]]'', New York, 1910</ref>
 
L{{'}}''Ordo Romanus Primus'' diceva, all'inizio del canone: ''Surgit solus pontifex et intrat in canonem''. Nell{{'}}''Ordo Romanus II'', una revisione tardocarolingia dell{{'}}''Ordo I'', questa frase diventa ''Surgit solus pontifex et ''tacite'' intrat in canonem''. Jungmann osserva che «questa frase, che cristallizza la riforma carolingia della norma più antica [...] può essere considerata lo schema di base seguito nel trasformare e rimodellare il rito nella parte più intima della celebrazione della Messa».<ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benziger, 1951, vol. II, pp. 104, 138</ref>
 
In questo rispetto la messa tridentina, dal canone silenzioso, è erede della messa stazionale tardocarolingia.
 
Ma è soprattutto nel [[Proprio]] che la Messa tridentina ha conservato traccia delle antiche Messe stazionali. Ad esempio, il venerdì della IV settimana di Quaresima la stazione era a [[Chiesa di Sant'Eusebio (Roma)|Sant'Eusebio]] sull'Esquilino, accanto alla grande necropoli di Roma antica e tanto l'epistola quanto la pericope evangelica presentano due episodi di risurrezione. Il venerdì dopo le Ceneri la stazione era ai [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo|Santi Giovanni e Paolo al Celio]], poco lontano dall'ospedale di [[Pammachio]], e i brani di Isaia e del Vangelo di Matteo presentano esempi di carità verso il prossimo. Il venerdì della III settimana di Quaresima la stazione era a [[Basilica di San Lorenzo in Lucina|San Lorenzo in Lucina]]. Lucina, fondatrice del titolo era identificata dalla tradizione con la samaritana che il Signore incontra al pozzo di Giacobbe e l'episodio è presentato nel Vangelo di questo giorno.<!--Seguono altre quattro spiegazioni nel testo citato--><ref>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 204-206</ref>
 
Il rito romano rivisto dopo il Concilio Vaticano II ha ripreso alcune concrete peculiarità della messa stazionale antica, abbandonando alcuni usi in vigore nella messa tridentina.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Jozef Lamberts, [https://books.google.it/books?id=VZj6DwAAQBAJ&pg=PA96&dq=lambert+%22sacrificial+moment%22&h#v=onepage&q=lambert%20%22sacrificial%20moment%22&f=false ''With One Spirit: The Roman Missal and Active Participation''], Liturgical Press, 2020, p. 96</ref> Tra quelli antichi ripresi c'è la frazione del pane al canto dell{{'}}''[[Agnus Dei]]''. Un altro è la recita della preghiera eucaristica ad alta voce. Tra gli elementi considerati di essere stati "aggiunti senza grande utilità".<ref>[https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html ''Sacrosanctum Concilium'', 50]</ref> e che quindi sono stati abbandonati c'è l'"[[Ultimo Vangelo]]"<ref>La lettura dell'ultimo Vangelo si è diffusa nel XIV e XV secolo come atto di devozione privata del sacerdote, mentre tornava in sagrestia. La lettura all'altare è stata introdotta con il Messale del 1570. Vedi [[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 446</ref>
 
Secondo Weigel, il [[Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia]], nell'elaborazione del nuovo Messale, fece molto meno conto del rapporto tra le chiese stazionali e la liturgia quaresimale cherispetto ne fece ilal Messale Romano prima del Concilio Vaticano II.<ref>« [...] the Concilium (sic) that implemented these reforms relied far less on the station church/Lenten liturgy nexus in fashioning the Roman Missal of 1970 than had the Missal of Pope St. Pius V», Weigel, ''op. cit.'', 2013, p. 8</ref>
 
===La concelebrazione===
Si è stabilita la concelebrazione, riprendendo un uso che anticamente era previsto solo in poche occasioni e gradualmente era caduto in disuso.
 
Secondo Cornides "a Roma la concelebrazione dei sacerdoti con il papa era normale fino al VI secolo, e nelle grandi feste fino al XII secolo",<ref>A. Cornides, "[https://encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/concelebration Concelebration]" in ''[[New Catholic Encyclopedia]]''</ref>, ma altri autori sono più cauti circa l'esistenza della concelebrazione desunta solo da una nota poco chiara del ''[[Liber pontificalis]]''<ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benziger, 1951, vol. II, p. 196 nota 6</ref><ref>Paul Turner vi vede indizi della prassi della concelebrazione, però non verbale. Turner, pp. 117–118</ref>.
 
Antonio Miralles dice che varie testimonianze dei primi sette secoli offrono una documentazione "troppo frammentaria per ottenere un quadro preciso della celebrazione dell'Eucaristia con partecipazione di vescovi e presbiteri. Non vi sono indizi di celebrazioni presiedute da un presbitero con partecipazione attiva di altri presbiteri, neppure di recitazione insieme della preghiera eucaristica. Nella Eucaristia celebrata dal vescovo i presbiteri partecipavano come tali, mostrando esternamente i segni del loro ordine, non mescolati tra i laici. Nella liturgia bizantina abbiamo visto la testimonianza di una celebrazione presieduta dal vescovo, il quale incaricava un presbitero di dire la preghiera eucaristica, ma lui solo".<ref>Antonio Miralles, [http://www.liturgiaetsacramenta.info/texts/concelebrazione.pdf ''Teologia liturgica dei sacramenti: 3.2 Eucaristia: Questioni particolari''], Roma, 2016, p. 8</ref>
Il canto dell'[[introito]] deriva dal canto di accoglienza da parte del coro per il papa, che si iniziava quando il papa usciva dalla sagrestia, come indica l{{'}}''Ordo Romanus Primus'',<ref>''Ordo Romanus Primus'', p. 126</ref> o quando appariva sulla soglia della basilica, come dice Arisi, il quale osserva che in origine l'introito era presente solo nelle Messe stazionali in cui c'era l'ingresso solenne.<ref>Arisi, ''op. cit.'', p. [37]</ref>
 
Adrien Nocent distingue due fasi. Nei primi tre secoli, la celebrazione eucaristica è intesa come celebrazione unica del vescovo, circondato dai suoi presbiteri e da tutto il popolo. Nel III secolo in particolare la ''[[Traditio Apostolica]]'' descrive con precisione la celebrazione eucaristica, in cui il vescovo recita da solo la preghiera eucaristica, mentre i sacerdoti stendono le mani stando in silenzio.<ref>Adrien Nocent, "Questioni particolari, I. La concelebrazione", in Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo, ''Scientia liturgica'', direzione di Anscar J. Chapungco, OSB, vol. III, Piemme, III ediz., 2003, pp. 309-310</ref>. Per il periodo dal V al VII secolo, basandosi sul ''[[Liber pontificalis]]'', Nocent conclude che il testo non indica che i sacerdoti pronunziassero le parole della consacrazione insieme con il vescovo.<ref>Adrien Nocent, "Questioni particolari, I. La concelebrazione", in Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo, ''Scientia liturgica'', direzione di Anscar J. Chapungco, OSB, vol. III, Piemme, III ediz., 2003, pp. 310-311</ref>
Anche la [[colletta (liturgia)|colletta]] era, secondo un'interpretazione, un'orazione che nei giorni penitenziali si pronunciava nella chiesa dell'adunata del popolo (la ''collecta''), da dove poi partiva la processione fino alla chiesa stazionale, donde l'espressione ''oratio ad collectam''.<ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal'', 8 marzo 2019, che cita "Archdale King, Liturgy of the Roman Church, Appendix VIII"</ref><ref name="Storia liturgica pag 518" /> Secondo un'altra interpretazione, il nome deriva dall'uso di far seguire ad un periodo di preghiera in silenzio, introdotta dall'invito del pontefice, "''Oremus''", e dall'istruzione del diacono, "''Flectamus genua''", un'orazione con la quale il papa raccoglieva (''colligere'') le preghiere di tutti in una concisa supplica conclusiva (''collecta'').<ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.liturgicalartsjournal.com/2019/03/the-stational-liturgies-of-roman-church.html "The Stational Liturgies of the Roman Church"] in ''Liturgical Arts Journal'', 8 marzo 2019, che cita A. Croegaert, ''The Mass: A Liturgical Commentary'', vol. 1, pp. 85-94</ref>
 
La più antica testimonianza di tale recita comune della preghiera eucaristica si trova nell{{'}}''Ordo Romanus I'' (VIII secolo), che informa che quattro volte all'anno, a Pasqua, Pentecoste, la festa di san Pietro e Natale, i presbiteri cardinali si univano con il papa e "tutti dicevano con lui il canone", mentre nelle altre occasioni il papa lo recitava da solo. Infatti solo dopo la stabilizzazione del canone sotto [[papa Gregorio I]] (morto nel 604) diventò possibile una simile recitazione congiunta. [[Amalario di Metz]] (morto nell'850) è testimone della prassi della concelebrazione verbale a Roma anche alla [[messa del crisma]]. Il recitare in comune le parole ad alta voce è apparso contemporaneamente allo sviluppo della teologia del potere consacratorio dei sacerdoti.<ref>{{en}} Paul Turner, [https://books.google.it/books?id=2KQPEAAAQBAJ&pg=PA118&lpg#v=onepage&q&f=false ''Ars Celebrandi: Celebrating and Concelebrating Mass''], Liturgical Press, 2021, pp. 118–119</ref>
L'uso di inviare la materia consacrata decadde fra il [[X secolo|X]] e l'[[XI secolo]], ma ne rimase traccia nella [[messa tridentina]] [[messa solenne|solenne]] nell'omaggio reso dal [[suddiacono]] alla [[patena]] coperta dal [[velo omerale]]; anche nella messa tridentina [[messa bassa|letta]]<ref>La Messa letta è la forma meno solenne della Messa tridentina, celebrata da un solo sacerdote, che legge tutte le parti che nella Messa solenne sono cantate.</ref> la patena rimane parzialmente coperta dal corporale,<ref>Giovanni Diclich, [https://books.google.it/books?id=730i2S-YLPIC&pg=PA144&dq=#v=onepage&q&f=false ''Dizionario sacro liturgico''. Tipografia Testa, 1837. vol. II, p. 144 (voce "Patena")]</ref> collocazione interpretata da Arisi "come se [la patena] contenesse le sacre specie provenienti dalla messa stazionale".<ref name=A65/> L{{'}}''Ordo Romanus Primus'' indica che, all'inizio del [[canone (liturgia)|canone]], un accolito porta dalla sagrestia all'altare, avvolta in un velo di lino, la patena-vassoio, che è consegnata al secondo diacono alla fine dell'embolismo del Padre nostro. Poi il pontefice stacca dal pane consacrata un pezzo che lascia sull'altare, mette due pani sulla patena e va alla cattedra, seguito dal diacono con la patena.<ref name="ordo romanus primus pag 138" /><ref>{{en}} Shawn Tribe, [https://www.newliturgicalmovement.org/2008/02/liturgical-variations-in-most-unlikely.html#.YWwBvBpKjbZ ''Liturgical Variations in the Most Unlikely of Places: The Paten''] in ''Liturgical Arts Journal'', 18 febbraio 2018</ref><ref>{{en}} Josef A. Jungmann, [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/302/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia)''], Benziger, 1951, vol. II, p. 303</ref>
 
L'VIII secolo, dice Miralles, offre nell{{'}}''Ordo Romanus I'' una chiara informazione sulla concelebrazione verbale dei cardinali presbiteri con il papa in quattro festività dell'anno (Pasqua, Pentecoste, san Pietro e Natale), prassi che [[Amalario di Metz]] (c.775–c.850) trattò come non limitata alle menzionate quattro festività.<ref>Miralles, pp. 8–9</ref> Nocent nota che, mentre i presbiteri cardinali recitano insieme al papa la preghiera eucaristica con la consacrazione, il papa da solo compie i gesti liturgici (ognuno di essi tiene nelle mani (su un corporale) tre pani, mentre il papa fa il segno della croce sulle offerte poste sull'altare).<ref>Turner, pp. 118–119</ref> Nocent evidenzia come solo i presbiteri cardinali, non tutto il presbiterio, partecipano.<ref>Adrien Nocent, "Questioni particolari, I. La concelebrazione", in Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo, ''Scientia liturgica'', direzione di Anscar J. Chapungco, OSB, vol. III, Piemme, III ediz., 2003, p. 311</ref>
Ma è soprattutto nel [[Proprio]] che la Messa tridentina ha conservato traccia delle antiche Messe stazionali. Ad esempio, il venerdì della IV settimana di Quaresima la stazione era a Sant'Eusebio sull'Esquilino, accanto alla grande necropoli di Roma antica e tanto l'epistola quanto la pericope evangelica presentano due episodi di risurrezione. Il venerdì dopo le Ceneri la stazione era ai Santi Giovanni e Paolo al Celio, poco lontano dall'ospedale di [[Pammachio]], e i brani di Isaia e del Vangelo di Matteo presentano esempi di carità verso il prossimo. Il venerdì della III settimana di Quaresima la stazione era a San Lorenzo in Lucina. Lucina, fondatrice del titolo era identificata dalla tradizione con la samaritana che il Signore incontra al pozzo di Giacobbe e l'episodio è presentato nel Vangelo di questo giorno.<!--Seguono altre quattro spiegazioni nel testo citato--><ref>[[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 204-206</ref>
 
Enrico Mazza osserva che la concelebrazione viene praticata nella Chiesa cristiana dall'inizio, ma non nella forma in cui si trova attualmente nel rito romano. Anch'egli osserva che la concelebrazione mediante la ripetizione congiunta di un identico testo non era praticabile nei tempi in cui chi presiedeva spesso improvvisava la preghiera. Come testimonia l{{'}}''Ordo Romanus I'' dell'inizio del VIII secolo, a Roma si concelebrava ancora senza far pronunciare le parole congiuntamente da tutti i concelebranti. Però nel poco più recente ''Ordo Romanus III'' il testo è recitato in comune.<ref>{{en}} Enrico Mazza, [https://books.google.it/books?id=rNv2NOKNAekC&pg=PA258&dq=%22concelebration+has+always%22+1999&hl=en&sa=#v=onepage&q=%22concelebration%20has%20always%22%201999&f=false ''The Celebration of the Eucharist: The Origin of the Rite and the Development of Its Interpretation''], Liturgical Press, 1999, pp. 258–259</ref>
Il rito romano rivisto dopo il Concilio Vaticano II ha ripreso alcune concrete peculiarità della messa antica, abbandonando alcuni usi in vigore nella messa tridentina.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Jozef Lamberts, [https://books.google.it/books?id=VZj6DwAAQBAJ&pg=PA96&dq=lambert+%22sacrificial+moment%22&h#v=onepage&q=lambert%20%22sacrificial%20moment%22&f=false ''With One Spirit: The Roman Missal and Active Participation''], Liturgical Press, 2020, p. 96</ref> Tra quelli antichi ripresi c'è la frazione del pane al canto dell{{'}}''[[Agnus Dei]]''. Un altro è la recita della preghiera eucaristica ad alta voce. Tra gli elementi considerati di essere stati "aggiunti senza grande utilità".<ref>[https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html ''Sacrosanctum Concilium'', 50]</ref> e che quindi sono stati abbandonati c'è l'"[[Ultimo Vangelo]]"<ref>La lettura dell'ultimo Vangelo si è diffusa nel XIV e XV secolo come atto di devozione privata del sacerdote, mentre tornava in sagrestia. La lettura all'altare è stata introdotta con il Messale del 1570. Vedi [[Mario Righetti]], ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 446</ref>
 
Nel XII e nel XIII secolo la concelebrazione verbale era la prassi per le messe di ordinazione di presbiteri e vescovi e i teologi discutevano la questione del momento preciso in cui avveniva la consacrazione se per caso uno dei concelebranti completava la recitazione della formula prima del vescovo. Però la prassi non era uniforme: ancora [[Alberto Magno]] (1206–1280) testimonia della consuetudine in alcuni luoghi che nelle ordinazioni presbiterali i neo-ordinati non pronunciassero le parole della [[preghiera eucaristica]] e solo eseguissero i corrispondenti gesti.<ref>Turner, pp. 119–120</ref> Lotario dei conti di Segni, il futuro [[papa Innocenzo III]], scrivendo fra il 1195 e il 1197, si poneva il problema della non stretta contemporaneità delle parole della consacrazione pronunciate dai concelebranti e lo risolveva dicendo che devono riferire la loro intenzione all’istante in cui il vescovo dice le parole. Anche altri autori dello stesso secolo e di quello successivo menzionano la concelebrazione, che però stava proprio allora per essere abbandonata in Occidente.<ref>Miralles, pp. 10–15</ref>
Secondo Weigel, il [[Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia]], nell'elaborazione del nuovo Messale, fece molto meno conto del rapporto tra le chiese stazionali e la liturgia quaresimale che ne fece il Messale Romano prima del Concilio Vaticano II.<ref>« [...] the Concilium (sic) that implemented these reforms relied far less on the station church/Lenten liturgy nexus in fashioning the Roman Missal of 1970 than had the Missal of Pope St. Pius V», Weigel, ''op. cit.'', 2013, p. 8</ref>
 
== Elenco delle chiese stazionali romane ==
 
Il [[Messale Romano]] [[messa tridentina|tridentino]] indica per 89 giorni dell'anno la chiesa romana assegnata per la celebrazione della messa stazionale del giorno: 43 chiese, di cui due sono state demolite. L'elenco comprende le domeniche di [[Avvento]], alcune feste del [[Tempo di Natale]], le domeniche del [[Tempo di Settuagesimasettuagesima]], le domeniche e le ferie del tempo di [[Quaresima]], del [[tempoTempo di Passione]] e dell'ottava di [[Pasqua]], i giorni delle [[Rogazionirogazioni]] maggiori e minori, l'Ottava di [[Pentecoste]] e i giorni delle [[Quattro Temporatempora]].
 
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|formato=PDF
}}</ref> di carattere diverso,<ref>Sven Conrad, [http://www.una-voce.de/uploads/1/2/8/3/12837883/13_h_1.pdf ''Liturgischer Akt oder liturgische Feier? Zur Theologie der außerordentlichen Meßform im Licht der Gnadenlehre und des Konzilsdekrets» Presbyterorum ordinis«''] in ''Una Voce-Korrespondenz'', primo trimestre 2013, p. 41</ref><ref>{{es}} Piero Marini, [https://books.google.it/books?id=-Y68DwAAQBAJ&pg=PT11 ''La liturgia a la luz de su reforma''], Centre de Pastoral Litúrgica, 2019, p. 11</ref><ref>Gianluca Biccini, [https://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2008/098q08a1.html ''Celebrazioni eucaristiche sempre più curate e partecipate''], ''L'Osservatore Romano'', 26 aprile 2008]</ref> e che, ora sostituita nel ''Caeremoniale'' dalla messa stazionale,<ref name="Lexikon">Michael Buchberger, Walter Kasper, Konrad Baumgartner, [https://books.google.it/books?id=_X3YAAAAMAAJ&pg=PA417 ''Lexikon für Theologie und Kirche''], Herder, 1983, volume 8. p. 417</ref> si distingue tra l'altro per un "presbitero assistente", la celebrazione della Liturgia della Parola al trono, l'uso del "Canon Missae Pontificalis" e le insegne pontificali.<ref name="Lexikon"/><ref>[https://books.google.it/books?id=xF5b0p8ZLYgC&pg=PP9 Canon ''Missae Pontificalis''], Typographia Vaticana, 1729</ref>
 
L'attuale ''Caeremoniale Episcoporum'', secondo cui la messa stazionale si distingue non per l'apparato cerimoniale, ma per la partecipazione di tutti i membri del popolo di Dio,<ref name="Lexikon"/> cita la costituzione conciliare ''[[Sacrosanctum Concilium]]'' del [[Concilio Vaticano II]], che dichiara: "Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c'è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri."<ref>[https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html ''Sacrosanctum Concilium'', 41]</ref> Quindi prescrive: "Ad essa siano convocati quanti più fedeli è possibile, i [[presbitero|presbiteri]] concelebrino con il [[vescovo]], i [[diacono|diaconi]] prestino il loro servizio, gli [[accolito|accoliti]] e i [[lettore (liturgia)|lettori]] esercitino le loro funzioni.<ref>[https://www.liturgia.it/content/Cerimoniale.pdf ''Cerimoniale dei Vescovi''], 119</ref>
 
La messa stazionale manifesta sia l'unità della Chiesa locale raccolta intorno al suo pastore sia la diversità dei suoi ministeri. Non prevede più un numero fisso e limitato di ministri, ma invita tutti i sacerdoti a concelebrare con il loro vescovo e diversi diaconi a esercitare il proprio ministero.<ref>{{es}} [https://books.google.it/books?id=wvjI736qZ-YC&pg=PA31 ''El obispo y la liturgia diocesana''], Cuadernos Phase, aprile 1994, p. 31</ref>
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== Messa stazionale in Irlanda ==
 
In alcune parti rurali dell'[[Irlanda]] si chiama "messa stazionale" (in [[lingua inglese|inglese]] ''station Mass'') quella che ancora oggi si celebra nelle case a turno con partecipazione dei vicini, che poi vengono invitati a tavola.<ref>{{en}} [https://corkandross.org/the-station-mass/ The Station Mass] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210917145356/https://corkandross.org/the-station-mass/ |date=17 settembre 2021 }}</ref>
 
==Note==
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* Francesco Arisi, ''Il Messale romano festivo'', 2ª edizione, Torino, 1947, pp. [29], [34], [37], [65]-[66].<!--Le pagine numerate fra quadre precedono quelle senza quadre nell'opera citata-->
* D. [[Gaspar Lefebvre]], ''Messale Romano'', Torino, 1936, pp.&nbsp;114–116
* Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, pp. 114-143&nbsp;114–143 ISBN 88-384-3113-2
*{{en}} George Weigel, Elizabeth Lev, ''Roman Pilgrimage: The Station Churches'', New York, Basic Books, 2013, ISBN 978-1482930269
 
== Voci correlate ==
* [[Messa pontificalepretridentina]]
* [[Messa pontificale]]
* [[Pontificia accademia Cultorum martyrum]]
 
==Collegamenti esterni==